PRODIGY "The fat of the land" - XL/RTI

Eccoci dunque di fronte al disco che quasi tutti han definito “dell’anno” ancora prima di ascoltarlo. In effetti l’attesa era notevole ed ora che il pezzettino di plastica gira nel lettore proviamo la stessa sensazione di quando, passateci la finezza degna di Funari, si sta seduti sulla tazza del cesso per due ore ed alla fine si produce poco o nulla. Una fregatura ? Non proprio, ma vedo già i grandi esperti, darsi alla macchia e raccontare di non aver mai raccontato che i Prodigy sono il gruppo del futuro. Era normale però cascarci. “Firestarter” ci aveva illusi e non ci saremmo mai aspettati di trovarcene dieci copie esatte sul disco. Unire techno e rock, non è più una gran novità, ma è una buona strada e per quanto riguarda il futuro, non si può certo credere in una band che musica gli spot e viene utilizzata come sigletta a “Striscia la notizia” ; ma in fondo la RTI, che oggi li distribuisce e li spinge, una volta produceva “Bimbo-mix”....
"da Jammai nr. 20 - 11/97"

PRIMAL SCREAM "Vanishing point" - Creation

Sono sempre i Rolling Stones i principali referenti di questa band che, anche se osannata da più parti, a me è sempre sembrata più furba che geniale. Ovvio che un certo talento si intuisce, ma è visibile quanto la strada sull’Autobrennero a dicembre con quei bei nebbioni. Diciamo pure che si sta lì in attesa che qualcosa accada, ma poi ci restano in mano canzoni che non sanno di nulla, oppure di tutto, che è la stessa cosa. Organi anni 60, lunghezza dei brani primi anni 70, look punk fine anni 70, attitudini dance anni 80, qualche chitarra grunge e campionamenti anni 90 ; che sia questa la musica del nuovo millennio ? Sinceramente spero proprio di no...
"da Jammai nr. 20 - 11/97"

OASIS "Be here now" - Creation/Sony

O.K. alcuni lettori (forse dei venticinque di manzoniana memoria ?) ci chiedono di non insultare gratuitamente i gruppi recensiti. E’ giusto, ma vorrei sapere, detto nel modo più elegante che mi viene, come cazzo si fa a trattare con fairplay una rottura di coglioni del genere ? Più di un’ora di sciacquatura dei piatti della cucina Beatles, che probabilmente manderà in brodo di giuggiole quei ragazzini che ai tempi dell’omicidio di Lennon, erano stati appena sganciati dalle cicogne, ma tutti gli altri, dico io ? Come possono seriamente dedicare pagine e pagine a questi Duran Duran con il distorsore ? Li vedo però alzarsi boriosamente e, come per gli U2, rivolgere la fatidica domanda : “Ma chi saresti tu, per parlare male degli Oasis ?” Il discorso però è diverso : chi sono loro per chiederci trentottomila lire ed un’ora della nostra vita che è così già dura ed è così breve ?
"da Jammai nr. 20 - 11/97"

MORRISSEY "Maladjusted" - Mercury

Lo sapevate che c’è una parentela fra Stephen Patrick Morissey e Mike Tyson ? Infatti, sono tutti e due vegetariano, anche se, nell’ultimo incontro, dubito che Iron-Mike avrebbe condiviso “Meat is murder” ; ma soprattutto è da un po’ di tempo che nessuno dei due azzecca nulla. “Male in arnese” titola giustamente il poeta mancuniano, visto che questo disco non è brutto come il precedente, ma lascia insoddisfatti. Altra traduzione è : disadattato e forse è ancora più centrata. Morissey pare come sempre fuori dal mondo o, se si vuole, solo dentro il suo, ma ormai sta diventando sterile. Lo snobismo che ne ha fatto uno degli artisti inglesi più influenti, lo sta uccidendo e se qualche ballata, come il singolo (che invece è stato regolarmente stroncato dalla critica) ricorda antichi fasti, il resto è anonimo, grigio come le domeniche a suo tempo condannate. Torna Moz, ne abbiamo bisogno, altrimenti taci e resta a guardare le tue amate soap-operas.
"da Jammai nr. 20 - 11/97"

FOO FIGHTERS "The colour and the shape" - Capitol

Da quando Dave “dentone” Grohl si è tagliato i capelli, assomiglia straordinariamente a Don Backy. A pensarci bene l’accostamento non è così azzardato, visto che la cover più famosa eseguita dai Nirvana, cioè “The man who save the world”, è il plagio di un brano di Celentano e che proprio del “molleggiato”, il grande mentore dell’alternative iu-es-ei, Thurston Moore, è estimatore. Proprio il sottoscritto l’ha incontrato da Contempo, mentre adocchiava vogliosamente vecchie antologie del clan. Abbandonando le stranezze dell’underground, c’è da dire che questo nuovo disco dei FF, lascia per strada gli umori di una band grunge di cui adesso mi sfugge il nome ed approda nientemeno che in quel di Minneapolis. Sono gli Husker Du i padri ispiratori di questo disco, con qualche spruzzata di Remplacements, aggiungendo però che anche se questo nuova fatica di Grohl è gradevole, gli originali erano meglio.
"da Jammai nr. 20 - 11/97"

FEAR FACTORY "Remanufacture (cloning technology)" - Roadrunner

Questo disco andrebbe acquistato solo per il fatto che è stato stroncato da Rockerilla, che, si sa, parla bene di chiunque. In mezzo a tutti quei superlativi per la neo-neo-psichedelia, per il post-grunge ed il kraut-rock-comeback, come mai, mi chiedo io, neanche una parolina a favore di questo gruppo che innovativo lo è parecchio ? Evidentemente i metallari non amano le innovazioni tecnologici, fanno finta di essere progressisti ed invece sono conservatori (come quelli del PDS !) ed il loro cuore palpita per l’assolo di venti minuti. Niente da fare allora per questo ulteriore spostamento in avanti del concetto di musica estrema, che certo favoloso non è, ma indubbiamente coraggioso. Spetta a voi decidere dunque se dare fiducia ancora a Cazares e soci.
"da Jammai nr. 20 - 11/97"

FAITH NO MORE "Album of the year" - Slash/London

Fanno incazzare i FNM. Non tanto per l’ormai cronica incapacità a farsi inquadrare in un genere ben preciso ; quanto per l’idea che ti fanno balenare in testa, sulla possibilità di sfiorare il capolavoro, poi mai realizzato. Le cose migliori della band, a parte la voce straordinaria di Patton, sono gli arrangiamenti, sempre sopra le righe. Fanno incazzare perché potrebbero essere là, dove sono i Metallica, mentre a volte si mettono a scimmiottare i Green Day ed a volte i Fleetwood Mac (gli zombies dei nostri tempi intendo...) senza che l’ironia traspaia. Potrebbero essere lassù, fra le stelle... ma forse a loro non gliene frega niente....
"da Jammai nr. 20 - 11/97"

DAFT PUNK "Homework" - Virgin /// CHENICAL BROTHERS "Dig your own hole" - Virgin

Giovedì gnocchi, venerdì pesce, sabato trip... hop ! Detto questo andiamo con due bands che con tale genere hanno poco a che vedere. Molti si chiedono se il classico rocchettaro con i capelli lunghi, l’occhio spento, l’alito pesante, madido di sudore e con la fallo-chitarra in bella evidenza, sia morto. Sarebbe ora, ma non è vero, visto che un posto nel gruppo di Ligabue lo troverà sempre. Pronti a sostituirlo un esercito di digiei che non sanno suonare (una novità il non-musicista ! Vedi Brian Eno a.d. 1971...) ma sanno rubare e qui mi sembra strano che nessuno abbia ingaggiato alcuni nostri ex-ministri che del ladrocinio sono autentici maestri. Alcuni dicono che il campionamento è un’arte ed hanno sicuramente ragione, ma per trovare gradevole un intero cd di samplers, bisogna farsi degli acidi grandi come pizze margherite e qui c’è chi parla di capolavoro. Se mettete insieme le persone che hanno ascoltato tutto “Dig yor own hole” di filato dall’inizio alla fine, non riuscirete a fare una squadra di volley. Per quanto riguarda i Daft Punk c’è da dire tra tutti i difetti che hanno (e sono tanti !) ce n’è uno gigantesco : sono francesi ! Questo la dice lunga visto che i nostri cugini d’oltralpe potranno competere con i britannici a rugby, ma non certo sul pentagramma. Aspetto tutti coloro che hanno parlato bene di questo disco e lo hanno trovato geniale, fra 10 anni, quando, come al solito, negheranno con forza di aver mai prestato attenzione a questa orribile rimasticatura della peggiore disco (il genere peggiore) degli anni ottanta (gli anni peggiori).
"da Jammai nr. 20 - 11/97"

MINA & CELENTANO "Mina & Celentano" - RTI /// PATTY PRAVO "Notti guai e libertà"

MINA & CELENTANO “Mina & Celentano” - RTI
PATTY PRAVO “Notti guai e libertà”
Visto che Craxi ultimamente è stato riabilitato come grande statista e che Trapattoni allena nientemeno che i viola, anche noi in barba alla coerenza, vogliamo comportarci senza ritegno e senza vergogna. Su una fanzine underground musica così overground, che c’è di male ? Innanzitutto colpiamo veramente il Capitalismo, perché le copie da noi acquistate sono pirata (impazziti sì, ma mica scemi, con i compact oltre le quarantamila...), ma non vedo lo scandalo visto che sono reperibili sotto la luce del sole di qualsiasi bancarella, in qualsiasi mercato ; poi, viste le numerose delusioni che la musica “alternativa” (date le performances, la parola ha preso il significato di musica che va a corrente alternata...) ci siamo rivolti alle persone più improbabili per ascoltare qualcosa di realmente differente. Non potevamo essere più precisi : da una parte una tardona che vive seppellita da vent’anni in Svizzera e che ultimamente scrive scemenze su un giornale di destra, accompagnata da un mezzo predicatore fascistoide che specula ancora su un mito legato a quattro hit degli anni 60/70 ; dall’altra un autentico fantasma di un’icona della canzonetta italiana, ormai ridotta come un baccalà, anche per le passate esperienze che l’hanno vista perfino nuda su giornali porno, senza che però partecipasse “attivamente”. Eppure questi rottami del suono del Belpaese sono in grado di darci due dischi sorprendenti, pieni di idee e, se vogliamo, di coraggio. In più c’è quella cosa che alle consolidonàgiorgiemiette di questi anni manca completamente : la classe. Il Molleggiato e compagna, partono con una canzone scritta dai peggiori imitatori del peggior Battisti (R.I.P.), ma la trasformano subito in un’altra cosa e creano l’unico valido tormentone dell’estate. Man mano che le canzoni si susseguono un dolce vento caldo inizia a scaldare il cuore ed uno si dimentica tutto, come dovrebbe accadere per ogni disco pop che si rispetti. Più glacialità per l’ex ragazza del Piper, come suo costume, al punto che senza sentirla cantare uno penserebbe di essere tornato alla new-wave degli anni 80 (qui si e non sul disco degli S. Pumpkins) poi uno si va a leggere la track-list e trova un brano che s’intitola “Silvyan”. Vorrà dire qualcosa ? Due dischi notevoli snobbati dalla critica (che però non disdegna articoli ed elogi a quelle merde dei Soerba...) e premiati dal pubblico : comprate ancora i giornali specializzati ? A proposito : il disco di Mina con i brani dei cosiddetti grandi autori del rock italiano contemporaneo ha fatto molto parlare i giornali, ma non ha venduto una copia.... Non che le classifiche abbiamo tutto questo valore, ma è un piccolo indizio sul fatto che questi grandi autori sono un bluff, cosa che diciamo da molto tempo.
"da Jammai nr. 25 - 09/98"

DINOSAUR JR. "Hand it over" - Blanco Y Negro

Che il tempo ci preservi figure come Jay Mascis. C’è bisogno di gente come lui, in un mondo come questo dove tutti credono di avere in mano la saggezza. In fondo solo quell’altro pazzoide di Julian Cope è capace di toccare le più profonde corde emotive con canzoni altrettanto sghembe. Mascis in più, è da sempre ad un passo dal diventare una rockstar, unico erede di quel cantautore canadese di cui non sto neanche a dirvi il nome ; ma lui, come Scalfaro (che spasso il paragone) “non ci sta’”. Appassionato di canne e tubo catodico, ora pare anche di golf (ve lo immaginate ad incrociare le mazze con Frank Sinatra, sempre che riesca ancora a respirare e poi a fare jam-sessions su disturbanti versioni di “Stranger in the night”...) difficilmente si farà coinvolgere dal tristo teatrino “alternative” fatto di cantanti-amici-di-attori-che-cantano-aiutati-da-cantanti-che-recitano. A lui interessa solo questo folk americano del duemila, figlio di cattivo cibo e cattiva televisione, quindi neanche troppo americano.
"da Jammai nr. 18/19 - 07-09/97"

AEROSMITH "Nine lives" - Columbia /// W.A.S.P. "K.F.D." - Sanctuary/Castle

It’s only rock’n’roll e, per questo, I don’t like it. Certo, vedere gli Aerosmith oggi, cazzoni come venticinque anni fa, può anche far piacere, soprattutto a confronto con tanti artisti (artisti ?) anonimi di tutti gli angoli del globo. Vedi i partecipanti di Sanremo, che ormai non se li ricordano neanche i parenti stretti. I WASP invece, ci riportano a quel r’n’r ignorante di metà anni 80, ed era ora, dopo tutte queste bands preoccupate del buco dell’ozono e delle sorti della balena. Comunque Perry e soci hanno realizzato il classico disco stile anni settanta, che loro incidono dagli inizi degli anni settanta. Qualcuno per favore gli regali un calendario, anche perché l’unica cosa veramente straordinaria fatta da Steve Tyler in tutti questi anni è sua figlia Liv ! A sorpresa sono i WASP a fare la figura migliore, con un disco che parte malissimo, con un brano dal miasma “gansenros”, ma poi si diversifica con qualche tocco industrial e qualche brivido stranamente gotico. Magre soddisfazioni per il rock, che è in piena fase di involuzione, come agli inizi degli anni settanta, proprio quando questo genere iniziava a prendere piede. La storia si ripete...
"da Jammai nr. 18/19 - 07-09/97"

ITALIA?! FORZA....

AREA “Chernobyl 7991” - Sony
BLUVERTIGO “Metallo non metallo” - Mescal/Sony
CRISTINA DONA’ “Tregua” - Mescal/Mercury
GRANDE OMI “Il Grande Omi” - CPI/Mercury
LA CRUS “Dentro me” - Mescal/WEA
LUCIFERME “Luciferme” - CPI
MASSIMO VOLUME “Da qui” Mescal/Polygram
NEGRITA “XXX” - Blackout
SANTO NIENTE “Santo Niente” - CPI
TIMORIA “Eta Beta” - Polydor
Tutti parlano degli Stati Uniti come terra promessa del rock, ma in verità a loro non è che vada meglio, visto che agli ultimi Grammy, un mentecatto quale Eric Clapton è stato eletto musicista dell’anno. Ricordiamo a chi si fosse sintonizzato solo ora sulle onde di Jammai, che il signor Manolenta è, insieme a Elton John e Prince, l’artista preferito dagli stilisti, proprio perché il suo nulla musicale è adatto al vuoto delle vanità più raffinate. Basterà rimembrare che le cose migliori dei Cream erano di Jack Bruce, che “Cocaine” è di J.J.Cale e che l’altro splendido hit “Layla”, deve sì la sua forza ad un riff di chitarra, ma ad opera del grande (lui sì) Duane Allman. Perché mi dilungo sull’ex marito di Lori Del Santo ? E’ semplice : per ritardare il più possibile di commentare le miserie nazionali, ma visto che mi è venuta l’idea, è ora che mi butti. Partiamo dalla Donà che, si dice, cantautrice dal grande avvenire. Lo si è detto anche della Consoli, che invece spappola i coglioni, ma con questa giovane va leggermente meglio. Il suo modello, checchè se ne dica, è P.J.Harvey, quindi una battaglia persa in partenza, anche perché le canzoni migliori sono quelle più melodiche, quelle più vicine, guarda caso, alla tradizione italiana. Quindi il rock lasciatelo a chi lo sa fare... come i Negrita ad esempio, che conoscono alla perfezione una canzone sola e la ripetono di continuo. Sono i Black Crowes della Garfagnana, ma detto da me non è un complimento. Ci vorrebbe H.G.Wells con la sua macchina del tempo, li spediremmo indietro di trent’anni, così sarebbero contenti loro e pure noi. Sempre dal passato pescano i La Crus che inspiegabilmente mandano in visibilio critici e giurie di tutti i premi (pensi che manchi loro solo il Telegatto, ma prima o poi...), anche questo disco va a pescare da Tenco, bla bla bla, dalla scuola di Genova, bla bla bla, Ciampi, gulp ! (calmi, non il ministro !), i campionamenti, Bristol-sound più Conte etc. etc. Tanto rumore per nulla, direbbe il Bardo, o meglio, per poco, visto che le prime due canzoni sono proprio belle, tra le migliori ascoltate negli ultimi tempi, poi il disco si perde in tutta una serie di cazzeggi elettronico-cantautoriali che annoiano smisuratamente. “Ennui” anche per i Massimo Volume, ma in grande stile. Ho sottomano sia il disco che il libro di Clementi e non è che ci sia una gran differenza. Storie di straordinaria ordinarietà o viceversa, che colpiscono, ma non sconvolgono. A differenza di altri, credo che siano le parti musicali le cose più belle. Il sound dei M.V. è unico, però questo è il terzo disco fatto nella stessa maniera e l’esistenzialismo sta cedendo il passo allo sbadiglio. Non c’è da esaltarsi neanche per i loro amici Santo Niente, che hanno perso Umberto Palazzo nella sigla, ma non nella sostanza, visto che fa sentire tutto il suo peso con le consuete alchimie psichedeliche del Tavoliere. Le note portano ai Sonic Youth le liriche parlano di “scimmia sulla schiena”. Nessuna delle due cose è una novità. Se però vogliamo crogiolarci come maiali nel letame del revival, possiamo farlo con Il Grande Omi e Luciferme. I primi ci piazzano la solita pizza a base di carciofini e sound-alternativo anni ottanta. I secondi invece, potrebbero chiamarsi Lucispente visto che dalla loro musica non s’intravede la minima scintilla vitale, pescando così a piene mani dallo stesso decennio il sinfonismo ottuso di Jim Kerr e soci. Strana cosa : Maroccolo oggi supervisiona o produce roba che dieci anni fa non si sarebbe mai sognato di suonare. L’unica nota vagamente positiva arriva dai Bluvertigo, che non saranno forse il futuro del rock nazionale, ma che almeno riescono a comporre brani decenti, anche se più commerciali di altri ed ad arrangiarli molto bene, soprattutto nell’uso della tecnologia, che per molti è solo un riempitivo da inserire “sennò non si è moderni” . C’è ancora qualcosa da rivedere (soprattutto i testi, che palle !), ma in futuro potrebbero riservare qualche sorpresa piacevole. Chi un futuro, secondo me non l’ha mai avuto, sono i Timoria, per cui il dizionario non riporta termini sufficientemente negativi per parlarne. Tempo fa un giornalista sosteneva che se a Sanremo ci fossero stati loro.... sarebbe stato il solito Festival, aggiungo io ; perché non c’è alcuna differenza fra la merda della Oxa (almeno lei è una grande interprete...) ed i loro aborti a volte progressive, a volte metal, a volte crossover. Ed è anche ora che la smettano di riempirsi la bocca con citazioni di Ciampi (sempre lui, non il ministro) e Stratos. A proposito del grande greco (quanto ci manchi, tu non ti immagini quanto...) chiudiamo sulle dolenti note degli Area. Li ho inseriti perché molti si dicono ispirati da loro, ma finora la loro eredità resta vagante. Parlo però di “quegli” Area, perché questi non c’entrano niente. Ora è Capiozzo il motore della band e fa ridere, perché sarebbe come se si riformassero i Beatles con solo Ringo Starr. Purtroppo la musica è un’infinita rottura di cazzo che non porta nulla di nuovo, ma che non è neanche un sano esercizio di stile. E’ solo merdosa fusion per nostalgici del Parco Lambro, che oggi sono seriosi ministri o direttori di qualche tg. Discorso finale (soprattutto per le etichette) alcuni dei prodotti sopracitati, con qualche sforzo, potrebbero arricchire le nostre discografie, ma mai e dico mai, neanche per il figlio dell’Agha Khan, vale la pena di spendere trentaseicartedamille per uno di questi compact. Dite che il mercato è in crisi ? Cazzi vostri.
"da Jammai nr. 18/19 - 07-09/97

VERUCA SALT "Eight arms to hold you" - Outpost/BMG

Altro disco strano di questo periodo strano. Appena ascoltato questo lavoro, mi sono riconciliato con il rock USA, che da un po’ di tempo non riserva che fregnacce. Man mano che lo riascoltavo però mi piaceva sempre meno ed il lavoro produttivo di Bob Rock, che inizialmente mi aveva entusiasmato (come capita spesso con il suo lavoro) iniziava a darmi sui nervi. Essendo i Metallica uno dei gruppi meno “underground” della storia, avendo venduto dischi anche in Ruanda, dove hanno ben altri problemi, non vedo perché “Enter sandman” debba aleggiare fra le canzoni di questo cd. Questo però è il mercato ed ormai basta una chitarrina distorta e qualche ragazzina sul palco, per essere considerati una band innovativa. MTV generation sucks !
"da Jammai nr. 17 - 05/97"

U2 "Pop" - Island

Parlare degli uddue è fastidioso, forse anche per chi li ama. E’ come parlare della Fiat, dell’Onu, di Internet, del sesso fra il babbo e la mamma, non si può. L’argomento è troppo vasto e non si sa mai se parlarne bene o male. Ma dopo aver ascoltato “Pop” io non ho dubbi (e non ne ho da “Unforgettable fire”) gli U2 sono un gran gruppo di merda. Utilizzare il termine inascoltabile per questo pezzettino di plastica è fargli un complimento, o meglio, il disco è anche gradevole, ma se fosse opera dei Giant Sand (il primo nome che mi viene in mente), lo compravano venti persone e la critica lo relegava in un angoletto misero. La musica non c’entra più nulla. Qui ci sono le solite tre o quattro ballads perfettamente intercambiabili con “With or without you” o “When the streets...” o, se vogliamo qualcosa di alternativo, la scena dei dance-floors (sai la novità, a Riccione da quarant’anni, di che cosa campano ?), dove i nostri eroi si divertono come ricchi bambini deficienti, con tanti apparecchietti elettronici. Ma gli U2 sono il gruppo amico di Wenders (un altro che è un po’ che non ne azzecca una e tremate al pensiero dell’arrivo del suo ultimo “La fine della violenza”), sono la band a cui telefona in diretta radio Bill Clinton, sono il gruppo amato da Mandela e quindi tutti a sdilinquirsi appena il Nano Maledetto stende la voce in uno dei suoi soliti ruggiti del topo. A me sarebbe bastato il video di “Discotheque” dove Gerard Damiano avrebbe fatto la figura di Bresson. Che cosa allora, fa degli U2, gli U2 ? E’ semplice : la mancanza di valide alternative. Anche gli altri fanno più o meno cagare, ma loro li conosciamo.... sono nostri amici da tanto tempo... e poi sono così buoni....
"da Jammai nr. 17 - 05/97"

SWANS "Soundtrack for the blind" - Young God

Definirlo il canto del cigno sembra proprio un ovvietà, anche perché sarò il millesimo a dirlo, ma sono troppo triste e l’ispirazione latita. Ogni volta che perdo una delle mie formazioni preferite mi chiedo : ma non si potevano sciogliere gli Oasis ? oppure i Pearl Jam (tanto per perseguire la par condicio atlantica). Altrimenti, per stare a casa nostra, sarebbe ora che lo facessero i Nomadi. Invece no ed ecco che oggi ci tocca perdere gli Swans. Oddìo non che ci sia da preoccuparsi, visto che il gruppo è solo-ed-eslusivamente Michael Gira più Jarboe e credo proprio che sentiremo parlare presto di questi oscuri personaggi. Resta il fatto che ci mancheranno loro e ci mancherà quella passeggiata all’inferno che era la loro musica. Non avremo più quelle mille (mille ? milioni !) luci di New York tenute spente, come risposta a quelle accecanti dei Sonic Youth, altrettanto grandi, ma più furbi ed al circo del rock alternativo americano, con tanto di santi ed eroi. Ora non ci resta ascoltare questa colonna sonora per ciechi, visto che gli occhi servono solo per piangere.
"da Jammai nr. 17 - 05/97"

SPEARHEAD "Chocolate supa highway" - Capitol

Non so se questa mia constatazione farà piacere a Franti (e non mi riferisco né al libro “Cuore”, né al gruppo, pallosi entrambi, ma a Michael) : questo disco è il migliore, in circolazione in questi tristi giorni, da mettere su quando si scopa. Non sarà una grande speculazione critica, ma è un complimento sincero. Forse un po’ troppo ruffiano, visto che in un reggae qualsiasi, intitolato “Rebel music”, c’è anche il figlio di Marley (e si sa, i figli ‘so piezz’e’core), ma se volete black music di qualità, questa è l’unica alternativa all’acid-jazz, che ormai è anche nel repertorio della Carrà. Voce superba, arrangiamenti notevoli, qualche scivolata di dubbio gusto, ma soddisfazioni garantite prima, dopo e durante l’orgasmo.
"da Jammai nr. 17 - 05/97"

ROLLINS BAND "Come in and burn" - Dreamworks

Volete parlare male di Henry Rollins ? O.K. fate pure (non mi mandate però il conto dell’ospedale) ; ma prendetevela con l’attore, non con il cantante. In celluloide, come l’altro maudit Iggy Pop, incapace di essere nient’altro che Iggy Pop in un film, Rollins interpreta solo parti da Rollins. Infatti lo voleva Stone (uno che di attori capisce poco, vedi Val “Top Secret” Kilmer nei panni di Jim Morrison) in “Natural born killers”, sai lo spasso... In ogni caso con zio Iggy, Rollins divide anche il destino di finire in films che promettono molto e regalano poco (trattasi de “Il corvo 2” e “Johnny Mnemonic”). Su vinile invece c’è poco da discutere. La violenza quasi algebrica che esce dalle casse quando è la Rollins Band a menare la danza, non lascia mai indifferenti. Molti però hanno iniziato a sputare su Henry il Cinico ; forse perché uno dei paladini dell’indipendenza è finito alla corte di Steven Spielberg ? Oppure perché incomincia ad essere vecchio ed oggi i gggiovani preferiscono i dee-jay ai musicisti ? Non è un problema : io vado a farmi quattro salti con Rollins, voi uscite pure con i Chemical Brothers.
"da Jammai nr. 17 - 05/97"

ORB "Oblivion" - Island /// AUTECHRE "E.Chiasti:Slide" - Warp

Il mondo è veramente strano. Qui da noi le imprese sono in crisi, ma stanno facendo le botte per accaparrarsi Ronaldo sborsando 51 (dico : cinquanta e uno) miliardi (dico : miliardi), poi Maldini, considerato fino a poco tempo fa un deficiente, probabilmente vincerà i Mondiali del 1998. Infine, questo veramente strano, Berlusconi piange per gli albanesi, ma in fondo è giusto che se ne occupi lui, visto che è guardando le sue trasmissioni che credevano di trovare da noi il Paradiso Terrestre, con tanto di San Mike che moltiplica pani e prosciutti. Il mondo è veramente strano. A me per esempio gli Orb non sono mai parsi dei geni. Pur riconoscendo la loro importanza, devo dire che le loro divagazioni in codice binario non mi hanno mai coinvolto più di tanto, a differenza di altre realtà della scena electro inglese. Questo “Oblivion” non sfugge alla regola, visto che rimastica, fra le tante cose, anche vecchi spettri sakamotiani. Gli Autechre invece sono più particolari, ma ancora leggermente immaturi. Il loro si può definire folk del cyberspazio, così attento proprio alle radici del suono elettronico puro, al bit immacolato delle origini, ma la lunghezza di un intero album è per loro ancora proibitiva. Semplici perplessità o primi avvisaglie di un genere che sta mostrando la corda ?
"da Jammai nr. 17 - 05/97"

OFFSPRING "Ixnay on the hombre" - Epitaph

L’acne-core torna a colpire ! Così una folla di brufolosi ragazzini, senza farsi tanti problemi, a differenza dei sociologi, si tufferà a comprare questo disco, uguale al precedente, uguale al prossimo, uguale a tutti gli altri di questo genere. Non si sono venduti, però vendono, anche se questo venderà meno. Gli snob arricciano il naso e dicono che questo non è il vero punk, che l’anima punk è da un’altra parte, che il punk è morto, che essere punk vuol dire bla bla bla bla bla... Intanto i ragazzini si colorano i capelli e si divertono. Il pubblico ha sempre ragione. ...e poi, quale mercato ? Pensate che se Jello Biafra fosse italiano, presterebbe la sua voce per quei cessi degli 883?
"da Jammai nr. 17 - 05/97"

HELMET "Aftertaste" - Interscope/MCA

Diciamo la verità : “Betty” ci aveva lasciato di merda. La stima per gli Helmet restava alta, ma il disco sembrava loffio. Loro giuravano che era il miglior lavoro, ma erano credibili quanto Maroni ministro degli Interni. Qualcosa poi doveva essere successo, fra defezioni nella formazione, qualche freccia avvelenata fra i componenti ed addirittura la voce sulla morte di Hamilton, neanche fosse uno Staley qualsiasi. L’unica cosa a interessarci però, è che gli Helmet siano tornati e che questo disco sia la conferma di quanto detto prima : la vera strada della band da due milioni di dollari è quella che ci riporta a “Meantime”. Ci si tolgono delle soddisfazioni ad ascoltare “Aftertaste” anche se il furore non è quello di un tempo. Il lavoro delle chitarre è quasi chirurgico e la parte ritmica ben amalgamata. A volte si ha quasi l’idea che tutto venga studiato a tavolino, ma è una caratteristica del suono Helmet ed in più Hamilton non è un gran cantante, ma questo non pesa sul giudizio finale.
"da Jammai nr. 17 - 05/97"

BLUR "Blur" - Food/EMI

Nell’annosa disputa fra Blur e Oasis, che ai miei occhi vale quanto un derby Bisceglie-Altamura (serie C2, girone C), Albarn e soci ne sono usciti con le ossa rotte, nonostante “The great escape” fosse l’unico album decente messo insieme nella loro carriera. Oggi, tutti dicono che con questo nuovo disco, i Blur siano diventati coraggiosi, ma non sono dello stesso avviso. Non capisco perché quest’album dovrebbe, finalmente, sfondare in America, anzi non vedo perché quest’album dovrebbe vendere tanto. C’è il solito armamentario brit-pop, con qualche voce distorta (sai la novità...) e chitarre più abrasive. A dire il vero non è un album spiacevole, ma le cose migliori si ascoltano quando i Blur fanno i Blur e non i Soundgarden dei poveri.
"da Jammai nr. 17 - 05/97"

SOPHIA "Fixed water" - Flower Shop

Chi ha amato i God Machine all’inizio resterà di stucco, ma non tarderà a riconoscersi nello “spleen” malinconico di quello che è stato uno dei gruppi più grandi, ma più sottovalutati degli ultimi anni. Qui manca la componente “sinfonica” dei loro lunghi brani ed ascoltando i Sophia, sembra di trovarsi di fronte ad una band formata da Robert Smith e Neil Young . Spesso si ascolta la parola “felicità”, ma non ci crede nessuno. Questo “Fixed Water” ha un sapore amarognolo, ma avvolge intensamente e, superato un primo momento di noia apparente, le sue canzoni vi entreranno in testa e non vi molleranno più. Come accade per “Are you happy now ?”, già adesso uno dei brani più belli dell’anno.
"da Jammai nr. 16 - 03/97"

MANSUN "Attack of the grey lantern" - Parlophone/EMI

Occhio a questa band ! C’è da scommetterci, anche se nel music-biz nulla è certo, che faranno il botto. Almeno non lo fanno i nostri coglioni, al cospetto dell’ennesimo gruppo britannico che rimette in circolo tutto il passato connazionale. Il loro sound è notevole perché, anche se sputtanatamente commerciale, non fa incazzare e sorprende spessissimo. I riferimenti sono numerosi, dalle cose migliori inglesi di metà anni ottanta, alle peggiori. Infatti in alcuni brani richiamano addirittura i Simple Minds ed, udite udite, i Duran Duran che, mi dispiace tantissimo ammetterlo, ma qualcosa di notevole agli esordi l’hanno combinato. In più è un album pop, ma con composizioni molto lunghe. Gradevole, vedremo in futuro che cosa saranno capaci di fare.
"da Jammai nr. 16 - 03/97"

MAKAVELI "The Don Killuminati" - Death Row

"Fortunata quella terra che non bisogno di eroi" diceva il vecchio Bertoldo. "Soprattutto se sono rappers" aggiungiamo noi. Tupac Shakur ha goduto di una fama immeritata. Varie volte nei guai per stupro, tentato omicidio ed amenità del genere, è stato adottato da certa critica "militante" e messo nella schiera di quei "jail heroes" ingiustamente schiacciati dalla micidiale macchina della giustizia americana. Cazzate. Shakur non è Silvia Baraldini (a proposito: nonostante il presunto interessamento di tutti i governi sia di destra che di sinistra è ancora condannata all'ergastolo per aver nient'altro che aiutato una detenuta, purtroppo per lei cubana, a fuggire). Non è neanche Ice-T. Non serve aalla causa nera e non sensibilizza il popolo bianco e, visto la fine che ha fatto, non era neanche un gran gangster. Questo disco poi è noioso come solo i dischi noiosi di rap sanno esserlo.
"da Jammai nr. 16 - 03/97"

LUSCIOUS JACKSON "Fever in fever out" - Grand Royal/Capitol

Regolarmente snobbate dal grande pubblico, che si masturba per le frigidità finto-rap delle Spice Girls e non osannate quanto basta dalla critica, più attenta casomai all’exotica che negli anni 70/80 ci ammorbava la vita ed oggi è à la page, le Luscious Jackson vanno avanti tranquillamente per loro strada, inanellando un album più bello dell’altro. Che “Fever in Fever out” sia cosa notevole se n’è accorta pure l’Amenta, una che è riuscita a parlar bene anche degli Assalti Frontali, ma il suono delle quattro ragazzette, non belle ma sveglie, è decisamente eccitante. La produzione di Lanois ci faceva temere il peggio, conoscendo il suo mixage al bromuro, ma evidentemente le cuginette dei Beastie Boys, con la loro formula che ruba sia dal Bristol-sound che dagli Earth, Wind and Fire, hanno avuto la meglio e il disco prende quota, man mano che lo si ascolta.
"da Jammai nr. 16 - 03/97"

CHEB KHALED "Sahra" - Barclay

Altro che London’s Burning... è Algeri ora a bruciare veramente. Fiamme di odio, odore di guerra e non solo civile ; sapore di povertà, storie di gente che non ha nulla da perdere, se non sé stessa e perde sé stessa dietro ciechi disegni omicidi. Dio, Allah, Buddha, Visnù e chiunque altro operi nell’Alto Dei Cieli, benedica artisti come Khaled, che, giorno dopo giorno, non fanno altro che commettere il terribile crimine di trasmettere la gioia di vivere. Questo suo lavoro è molto simile a tutti i suoi precedenti, mischiando tradizione maghrebina, canzone francese e suoni caraibici, ma non stanca mai. Forse perché l’energia che il buon Khaled mette nei suoi dischi è forte e sincera ed arriva dritta al nostro cuore. Alcuni potranno considerarlo solo un albumetto commerciale ; saranno gli stessi che parlano di tradimento dell’autentica musica etnica, degni compari di coloro che vaneggiano di vendere l’anima al diavolo. Mentre ascoltavo “Sahra” decine di persone in Algeria venivano sgozzate ed in Francia veniva votata la legge più razzista dai tempi del caro Adolf ; inutile dire che nel nostro parlamento è seduta gente che vorrebbe aprire campi di concentramento per omosessuali. E’ questo mondo, non un altro ed artisti come Khaled, anche se non cambiano il mondo, possono almeno farci sentire meglio.
"da Jammai nr. 16 - 03/97"

ELENI KARAINDROU "Ulysses' gaze" - ECM

Questa altro non è che la colonna sonora del film di Theo Angelopoulos “Lo sguardo di Ulisse”, ormai uscito nelle sale un anno fa e disponibile in video-tape da mesi. Questo disco però è stato irreperibile per lungo tempo e, per lavori come questo, non è mai troppo tardi per parlarne. Il film è una mattonata di due ore e mezzo con un inizio esaltante ed un finale del cazzo, ma vale la pena di essere visto, soprattutto se vi siete esaltati per storielle veltroniane come “Il postino” o pensate, erroneamente, che “Underground” sia una grande opera d’arte. La colonna sonora è invece un autentico incantesimo. Una serie di straordinari movimenti di stampo mahleriano, ma suonato nei balcani ; oppure se vogliamo, un impossibile incontro fra Puccini ed i Pink Floyd. Il pregio maggiore di questo lavoro sta nella viola di Kim Kashkashian, ma è tutta l’opera a commuovere ed esaltare. Uno dei rari soundtracks che riesce a vivere anche senza le immagini.
"da Jammai nr. 16 - 03/97"

FLUFFY "Black eye" - Virgin

Carine le Fluffy, indubbiamente... Ma la musica? Queste irlandesine scoprono il settantasette con solo vent'anni di ritardo, ma non è colpa loro se all'epoca erano soltanto simpatici spermatozoi. Si deve ricordare però ai più giovani che, nonostante la loro grinta, nonostante brani che a volte citano i Clash ed altre gli Stooges e nonostante l'aspetto indubbiamente gradevole, le Fluffy sono un gruppetto di merda, anche se si fanno ascoltare con piacere, ma lo stesso accade con le Spice Girls.
"da Jammai nr. 16 - 03/97"

DAVID BOWIE "Earthling" - BMG

Se ai tempi di “Heroes” vi avessi pronosticato che un giorno Bowie sarebbe apparso a Sanremo, avreste pensato le stesse cose che penso io dopo aver ascoltato le dichiarazioni di Bossi. Invece è accaduto, ma non c’è da stupirsi ; i tempi cambiano, per fortuna e il Duca astutamente non rinuncia ad una ribalta televisiva da dieci milioni di persone. Del resto come può trovare nuovi stimoli un uomo che ha appena compiuto cinquant’anni (per intenderci : è più vecchio di Fini, Casini e D’Alema, ma spiritualmente sembra loro nipote), che è ricchissimo, è sposato con una delle donne più belle del pianeta (altro che Pamela Anderson, trendisti del cazzo !) ed è, bene o male, coccolato dalla critica qualsiasi cosa faccia ? Eppure l’ex signor Polveredistelle riesce sempre in qualche modo, se non a cambiare il corso della storia del rock, come ai tempi della trilogia berlinese, almeno a graffiare. E’ il caso di questo disco dove mette insieme antiche suggestioni glam e nuova tecnologia. Non tutti i brani sono riusciti, ma è anche vero che la band che lo accompagna è, stranamente, la più scarsa di tutti i tempi.
"da Jammai nr. 16 - 03/97"

BABY GOPAL "Fearless" - Banda Bonnot

Gran bel disco! ...e grande sorpresa nello scoprire che questi britanicissimi suoni provengono da New York, ma la Grande Mela, si sa, is not America, bensì tutto il mondo. Veramente piacevole sotto ogni punto di vista, anche se molti lo tratteranno con la puzza sotto il naso (stessa cosa accaduta un anno fa con il capolavoro dei Garbage...). I padrini di questa operazione sono evidenti: Lush, My Bloody Valentine ed addirittura Cocteau Twins, ma è forse la migliore "cosa pop" ascoltata negli ultimi mesi e se deve proprio ritornare la new-wave speriamo che sia di questa pasta.
"da Jammai nr. 16 - 03/97"

AA.VV. "The Smiths is dead" - Les Inrockuptibles/Sony

C'è già bisogno di un revival degli Smiths e questo grazie ai danni del britpop. I primi a pensarci sono i francesi di "Les Inrockuptibles" che, per chi non lo sapesse, è il miglior giornale di cultura musicale, ma non solo, del mondo e quel mensile italiano, ora settimanale, che dice di ispirarsi ad esso, non solo è lontano anni luce (loro non darebbero la copertina a cadaveri quali Ligabue e Litfiba...), ma mai riuscirebbe a fare un omaggio così intelligente, viste anche le cassettine a suo tempo allegate, con musicisti di straordinario valore quali gli Interno 17 o i Timoria (forse non erano loro, ma il livello era quello...). Finalmente è chiaro il grande valore di Morissey e Marr, non tanto per le composizioni che possono piacere o no, ma per l'evidente influenza sulle generazioni a venire. Con francesissimo snobismo questo album s'intitola "Gli Smiths è morto" e celebra senza tanti fronzoli il miglior disco (per loro) di questi dieci anni di Les Inrockuptibles. Naturalmente non è vero. "Warehouse..." degli Husker Du, "Daydream nation" dei Sonic Youth, un certo "Nevermind" e, per stare in Europa, vengono in mente al volo Wedding Present e Sugarcubes. Addirittura "The Queen is dead" non è neanche il miglior disco degli Smiths, ma ascoltare "Vicar in tutu", brano alla Therapy? prima che i Therapy? si formassero, o quel divertissment di "Some girls..." che da luce anche ad un gruppo opaco come i Supergrass, fa riflettere ed inevitabilmente sospirare.
"da Jammai nr. 16 - 03/97"

WHITE ZOMBIE "Supersexy swingin' sound" - Geffen/MCA

La cosa migliore di questo disco è indubbiamente la copertina e detto da me non è una gran sorpresa. Incredibile invece constatare che questa versione remixata di "Astro creeps..." è migliore dell'originale. Riceverò sicuramente l'ulteriore scomunica di Mastro Pennello nel ribadire che i White Zombie sono un gruppo molto divertente, ma assolutamente inutile. Comunque questo "Supersexy" è assai spassoso, anche se i presunti rimaneggiamenti sono ben poco innovativi.
"da Jammai nr. 15 - 01/97"

URBAN DANCE SQUAD "Planet ultra" - Virgin

Gli Dei se ne vanno (vedi Silvio Piola e Marcel Carnè) e gli arrabbiati restano, cioè quelli che hanno speso i loro soldi per questo cd. Il crossovere già da tempo ha lo stesso valore intrinseco dei telequiz di Maic Bongiorno, ma se non ve ne foste accorti ci pensano i nostri galeotti olandesi a ricordarvelo. Gli UDS erano una di quelle formazioni che qualche anno fa ci facevano impazzire e che oggi troviamo terribilmente noiose. Non so se siamo più stronzi noi o confusi loro, resta il fatto che da quando hanno perso il dj, ma non solo per questo, sono prevedibili quanto l'attacco della Lazio.
"da Jammai nr. 15 - 01/97"

TRICKY "Pre-millennium tension" - Island

Una volta era facile parlare di genio: c'erano Michelangelo, Leonardo, Pelè, Cruyff, Mozart, Hitchcock e pochi altri; oppure bastava avere un "Van" davanti al cognome: Van Beethoven, Van Gogh, Van Basten, anche se poi sono arrivati Van Wood e Van Halen a rovinare la categoria. Adesso invece è un casino. Tra ipermercati dell'oblio e pruriti sensazionalisti, ci dimentichiamo delle cose vere e belle, per inseguire le cosiddette "pulsioni contemporanee". Forse è questa la tensione che avverte Tricky, ma noi ci accontentiamo del nervoso per eurotasse e disoccupazione al dieci per cento. Forse dovremmo tutti farci delle canne e lasciarci andare sull'onda di queste note che una volta si definivano suadenti, ma non ci riusciamo. Nuova psichedelia o vecchia minestrina riscaldata.
"da Jammai nr. 15 - 01/97"

SKUNK ANANSIE "Stoosh" - OLI/Virgin

Vi avevo avvertito che gli Skunk Anansie erano un gruppo del cazzo (anzi del clitoride per omaggiare sua lesbicità Skin...) e questo nuovo album ne è la conferma. Non me ne frega niente se questa si è rapata e digrigna i denti, non riesce a spaventarmi (chiedete agli amici di Pisa e Livorno che effetto fanno invece i parà della Folgore...) anche perchè ribadisco la parentela vocale con la straordinaria, non sto scherzando, Antonella Ruggiero, ex-voce dei Matia Bazar e se il brano di apertura provoca in noi sano terrore, lo fa solo perché ci riporta ai Rage Against the Machine che a noi piacciono quanto a Zeffirelli attizzano le donne. Per il resto un bel pout-pourri di banalità. Questi guideranno la nuova rivoluzione? Sì, quella che ci porta ad Hammamet!

THE PRESIDENT OF THE U.S.A. "II" - Columbia

Gli americani ci cascano sempre. Così come in Italia non riusciamo a fare a meno delle chiacchiere sul campionato la domenica sera, loro non riescono a liberarsi delle classiche "radici". Che si tratti di blues, di soul o di country, ogni tanto ci ritroviamo con il classico gruppo che mischia tutto rinnovando la cosiddetta tradizione. Piovono allora milioni di copie per la gioia di chi va in gita la domenica e si diverte un casino ad ascoltare questo genere di musica e quelli che invece si disperano perché vorrebbero che i dischi fossero sempre all'avanguardia. Il lavoro è piacevole, ma ormai di questo suono, tra rockabilly, hard-rock ed hardcore, ne ho piene le palle.
"da Jammai nr. 15 - 01/97"

NO DOUBT "Tragic kingdom" - Trauma/MCA

Se avete dei soldi da parte investiteli nella Trauma, la casa discografica che da artisti di infimo valore è capace di tirare fuori dei "sellers" milionari. C'erano riusciti con i Bush, presi a calci in precedenza praticamente da tutti ed oggi colpiscono ancora con questi No Doubt. I Blondi anni novanta? Non scherziamo, al massimo i Missing Person... La bionda Gwen Stefani non induce in tentazione perché sembra una marchettara di seconda categoria e la musica ci fa sognare a bocca aperta le Bananarama; anche la presunta rinascita ska, enfaticamente annunciata da certi giornali, è una presa per il culo. Robaccia per chi va a vedere film come "Evita" e legge i libri di Wilbur Smith.
"da Jammai nr. 15 - 01/97"

BOB MOULD "Bob Mould" - Creation/Sony /// STAN RIDGWAY "Black Diamond" - Birdcage

Lo so, questi dischi sono ormai antichi, ma non è colpa mia se i distributori italiani lavorano come gli stradini in Pakistan. In più c'è da dire che la gente non si azzuffa di certo per acquistare un album del vecchio Stanard o del buon Bob. Purtroppo non sono né speed-qualchecosa, né chissàcheccazzo-core. Rappresentano, ma non sono i soli, un'America che c'è ancora (qual'è, in fondo, l'America che scompare?), ma che ai giornali non interessa. Un romanticone dalla voce suadente ed un ometto cicciotto, come possono essere trendy, come possono competere con creste gialle, dreadlocks e sacerdoti satanici? Le canzoni però, l'unica cosa che interessa (pensateci bene...) quando uno acquista un cd, quelle lasciano il segno e farro scorrere il sangue velocemente. Si tratti della classica ballata minimale giocata su voce, piano e dram-mascìn, o di una cavalcata chitarristica senza freni, il risultato è sempre lo stesso: siamo nel cuore del vero rock, ma stiamo parlando di archeologia. Ricordatevi però che tutto ciò che il pluridecorato Dj Shadow ha fatto, sta facendo e farà in tutta la sua carriera, non vale una sola canzone di questi due signori.
"da Jammai nr. 15 - 01/97"

MARILYN MANSON "Antichrist Superstar" - Nothing

Ci risiamo! Sesso, religione e violenza. Sodomia e Padre Nostro. Ecco come scalare le charts. Bello sforzo, complimenti! Nuovo, soprattutto. Erano partito bene Marilyn Manson, ma questa volta fa un buco nell'acqua. Vorrebbe essere un Ozzy Osborne tecnologico ed invece finisce per assomigliare ad Isabella Biagini. Sarà la negativa influenza di Trent Reznor, l'uomo più sopravvalutato del decennio, oppure noi che staremo diventando dei bacchettoni, ma questo disco alla lunga risulta insopportabile.
"da Jammai nr. 15 - 01/97"

FSOL "Dead cities" - Virgin

Il discorso è complesso. Tra gli intellettuali ultimamente si parla spesso di "futuro" anche perché i più sensibili fra di voi si saranno resi conto che siamo alla vigilia di una Nuova Rivoluzione Industriale. La teoria più accreditata (quella sbagliata quindi...) narra di un'era in cui non esisteranno insediamenti fissi, ma solo persone in continuo movimento ed in continuo contatto tramite la ormai nota "rete delle reti". Niente di più stupido. La gente si muoverà sempre meno, le case saranno sempre più piccole, ma più numerose. Le città saranno silenziose cattedrali di cemento popolate solo da zombies/paria, esclusi dalla nuova classe dominante informatizzata. Non sarà una catastrofe, ma cambierà soltanto il modo di gestire quelli che fino ad oggi venivano chiamati "contatti umani". Niente più posto di lavoro normalmente inteso o borse della spesa o domeniche allo stadio. Le città saranno troppo grandi e scomode da attraversare, tramite il satellite invece avremo tutto il mondo in mano. "Dead cities" è tutto questo. I Future Sounds of London che hanno già celebrato la morte del concerto rock classicamente inteso (finalmente! Pennello è ora che ti trovi un posto da vigile urbano!) ora fanno toccare con mano la vita sociale prossima ventura. Non è fantascienza, solo un leggero anticipo; Cobain, un cognome che porta bene alla genìa musicale, e Dougans infatti, vogliono cambiare nome alla band. Giusta scelta perché questo non è il Suono del Futuro, ma del presente e non vive di sola Londra. "Dead Cities" è qualcosa di più di "disco dell'anno" e, se è vero che in futuro (sempre lui...) Liz Frazer sarà della partita, la distanza con "l'altra musica" diventerà siderale.
"da Jammai nr. 15 - 01/97"

BUSH "Razorblade suitcase" - Trauma/MCA

Caso straordinario di chi l'America l'ha trovata in America e non come Don Lurio, Heather Parisi, o Dan Peterson in un altro paese di rincoglioniti a caso. Il successo dei Bush è facilmente spiegabile: in una nazione dove impazziscono per il baseball, il wrestling, i serial-killers, la continua reiteazione di una trama, di un gesto, in questo caso di un suono, gode di fama ed onori spropositati. Forse perché da' sicurezza a gente che ha paura di non averne, ma non riesce ad ammetterlo. Io invece sono molto sicuro: mi terrò alla larga da questo disco.
"da Jammai nr. 15 - 01/97"

ANATHEMA "Eternity" - Peaceville /// BRUTAL TRUTH "Kill trend suicide" - Relapse /// CRADLE OF FILTH "Dusk and her embrace" - M.F.Nations

MOONSPELL "Irreligious" - Century Media

Abbiamo già sancito la morte dell'heavy metal ed in questo siamo stati suffragati dalle pubbliche confessioni dei Metallica, ma puntualmente, nell'attimo stesso in cui un genere musicale si trova a spirare, l'animaccia sua torna a materializzarsi nelle forme più classiche ed incontaminate. Ecco allora il ritorno del sound lungocrinito, iperchitarristico ed enfatico che ci provoca certo meno dolore del ritorno di "Stranamore" sugli schermi italici, ma bisogna distinguere tra le prelibatezze ed il junk-food. In quest'ultima categoria ci infiliamo sparati i Cradle of Filth che, a parte il makeup dozzinale, al cui confronto i White Zombie sembrano creazioni di Valentino, haute couture poi, nemmeno casual, sfornano il classico album di speed darcheggiante con divagazioni canore dal catacombale all'iperfalsetto. Una mostruosità, ma non nel senso che intendono loro. Se volete piantare il/la vostro/a ragazzo/a e non sapete come fare regalategli/le questo disco. Gli Anathema sono invece un gruppo senza particolari asperità anzi certe melodie ricordano Cocciante, quello bravo però, non quello degli ultimi dieci anni, che a dire il vero sono le cose migliori, visto che ogni tanto la bandsi perde in giri progressivi che ormai han fatto il loro tempo. Molto meglio, direi i migliori del lotto, i Moonspell che seppur muovendosi in atmosfere dark (occhio! sarà il prossimo trend...) rinnovano la tradizione con giri chitarristici di estrazione pop che danno un sapore assolutamente inedito al lavoro. Chiudiamo con i Brutal Truth dicendo che con tutti gli altri non c'entrano nulla essendo i consueti terroristi sonici e che l'ultimo, breve lavoro (circa mezz'ora) li conferma ai vertici della musica estrema insieme a Korn e Fear Factory. Anche il loro "Kill trend suicide" però si segnala per una maggiore attenzione nei confronti del metal più classico. A tutti ricordiamo che in edicola è uscita una splendida versione dello "Stabat Mater" di Pergolesi, capolavoro doom-dark in anticipo di trecento anni sui Black Sabbath.
"da Jammai nr. 15 - 01/97"