STONE TEMPLE PILOTS "Tiny music... Songs from the vatican gift shop" - Atlantic

Ci provano tutte le volte a farci credere che gli stontempolpailots siano una grande band. Sicuramente i commercialisti dell'Atlantic saranno di questo avviso, ma noi no. Ascoltando quest'album, dal titolo lunghissimo ed imbecille, sono gli Eagles i primi a venirci in mente ed in seguito tutti quei luridi cocainomani della west-coast , non tanto per le sonorità quanto per il massacro perpetrato, allora come oggi, al patrimonio del rock statunitense. Gli STP non sono la peggiore band americana, ma la più inutile.
"da Jammai nr. 13 - 09/96"

PATTI SMITH "Gone again" - Arista/BMG

Perchè il rock è “arte” e non una colonna sonora qualunque per deficienti brufolosi? Perchè il rock è “vera arte”, mentre le esibizioni-confetto di Pavarotti (a proposito: ai bimbi di Sarajevo non pensate sia bastata la disgrazia di quattro anni di guerra?) hanno lo stesso sapore falsamente dolciastro delle vicine di casa di Wynona Ryder in “Eddie Mani di Forbice”? Perchè il rock è vita. Vita autentica ed il rock, come la vita, nell’attimo stesso in cui pensi sia finito, sia morto, te lo mette in culo e ritorna, più forte di prima. Tornare a vivere: ecco il significato di “Gone again”. Tornare a provare quelle sensazioni, leggendo poesie, guardando le foto di Robert, ascoltando la musica, così vecchia, ma già così nuova, di Fred. Intanto gli anni passano e figli ogni giorno chiedono dov’è papà e mica gli puoi raccontare sempre la stessa storia di chi è andato in cielo, però puoi chiederlo agli angeli, se ti rispondono. Qui però si vedono solo cannibali che entrano in casa, guardano la magra Patti cinquantenne, osservano il pallore di Tom-con-il-cognome-da-poeta e dicono che una volta andava meglio... ma una volta era tutto migliore, c’erano migliaia di persone negli stadi ad ascoltare ed oggi viene poca gente. C’era Robert e Fred e tutti gli altri, c’era vita, c’era rumore. Oggi c’è solo “Gone again”, il resto è silenzio.
"da Jammai nr. 13 - 09/96"

MOTHER HIPS "Part-timer goes full" - American

Non vedo perché questo disco non debba aver successo dalle nostre parti. Rocchettino and rollettino anni settanta (il più amato dagli italiani) capace di provocare erezioni giusto a quei giornalisti cinquantenni che infestano le riviste di armani-blues od i dibattiti sul rock in tv (quando il solito vescovo in arteriosclerosi mistica dice che si tratta di musica del diavolo...). Una parte di gretfulded, una di progressiv, allungare con tanto rollingstons ed eccovi... la solita broda!
"da Jammai nr. 13 - 09/96"

METALLICA "Load" - Mercury/Polygram

Ci aspettavamo la terza chiavata, dopo Ministry e Soundgarden, invece i Metallica, ci regalano un prodotto di straordinaria classe e stile, in perfetta sintonia con il precedente fantastiliardario album-nero. Avreste voi rinunciato a dieci milioni di dollari in nome dell’arte? Si? Poveri coglioni (nonchè ipocriti), imparate dai Quattro Cavalieri almeno come si riesce a conciliare il bisness con l’inventiva, anche se questo “Load” non è un capolavoro. Il problema non è dei Metallica in ogni caso, ma proprio nel genere; oggi infatti possiamo sostenere che dopo lunga e penosa malattia, l’heavy-metal è morto. Resta solo il noise del dopo-bomba ed il lancinante e rumoroso dolore delle megalopoli. Come sempre restano in piedi i Maestri ed i Martiri, i Metallica sono sicuramente fra i primi, anche perchè il loro suono è solamente il “loro suono”.
"da Jammai nr. 13 - 09/96"

DEAD CAN DANCE "Spiritchaser" - 4AD

Diciamolo subito: non è un capolavoro. Cioè, lo è, ma non del calibro di “Into the Labirynth”. Il mondo dei Dead Can Dance poi o lo prendi per quello che è, come il cinema di Jarman, come la pittura di Bosch, come il gioco dei calciatori slavi, oppure lo rifiuti in blocco. A me piace molto, non ho mai considerato Perry e la Gerrard due sfigatoni dark, come alcuni vogliono farli passare, nè due tristissimi artisti di pop intellettuale, bensì due voci (e che voci...) di un mondo poetico arcaico, non vetusto, che tutt’oggi aleggia per il pianeta. Il loro linguaggio è l’immortalità malinconica della bellezza e con i funerali, nonostante il nome, non c’entrano nulla.
"da Jammai nr. 13 - 09/96"