CARLA BRUNI “No promises” - Naive

Non credo che il “fenomeno” Carla Bruni sia stato valutato nella giusta dimensione. In un ambiente mediatico e culturale dove il nulla regna sovrano, far passare sotto silenzio una che fa parlare di sé sia sulle pagine di Vogue che su quelle di Rumore, può essere indice di snobismo elevato al cubo, oppure semplicemente invidia. Tutti erano lì per farsi due risate alle spalle della ricca top-model che imbraccia la chitarra, come era già successo con la sua collega Naomi (che detto fra noi ha inciso un disco assai più piacevole delle merdate di Anastacia) ma il risultato aveva stupito tutti (non me ovviamente...) Ora siamo al secondo album e Carlotta riesce già a spiazzare il pubblico passando dal francese all’inglese, in più, astutamente, non essendo una cantante in senso stretto, evita i vocalizzi inutili, per un tono sussurrato e usa come testi poesie di autori importanti, in questo ispirata da M. Faithfull (dico: mica la Tatangelo...). Tutto questo, associato ad una qualità musicale elevata, che unisce ballate folk a guizzi loureediani, da’ la sensazione di trovarsi di fronte ad un lavoro dal sapore antico, quando il pop ci prendeva per mano e ci accompagnava in case piene di stanze sconosciute, ma accoglienti, popolate da persone gentili ed indimenticabili. Ha già il suo stile Carlotta, come ai tempi in cui cavalcava le passerelle; ha già il suo marchio di fabbrica e, credetemi, non è poco. Il suo cosmopolitismo non è spocchia, l’equilibrio è l’elemento fondante del suo stile, perché l’armonia oggi è la vera trasgressione. Carla Bruni non si sente superiore, Carla Bruni è superiore.
"da Cacofonico nr. 37 - 02/07"