MINA & CELENTANO "Mina & Celentano" - RTI /// PATTY PRAVO "Notti guai e libertà"

MINA & CELENTANO “Mina & Celentano” - RTI
PATTY PRAVO “Notti guai e libertà”
Visto che Craxi ultimamente è stato riabilitato come grande statista e che Trapattoni allena nientemeno che i viola, anche noi in barba alla coerenza, vogliamo comportarci senza ritegno e senza vergogna. Su una fanzine underground musica così overground, che c’è di male ? Innanzitutto colpiamo veramente il Capitalismo, perché le copie da noi acquistate sono pirata (impazziti sì, ma mica scemi, con i compact oltre le quarantamila...), ma non vedo lo scandalo visto che sono reperibili sotto la luce del sole di qualsiasi bancarella, in qualsiasi mercato ; poi, viste le numerose delusioni che la musica “alternativa” (date le performances, la parola ha preso il significato di musica che va a corrente alternata...) ci siamo rivolti alle persone più improbabili per ascoltare qualcosa di realmente differente. Non potevamo essere più precisi : da una parte una tardona che vive seppellita da vent’anni in Svizzera e che ultimamente scrive scemenze su un giornale di destra, accompagnata da un mezzo predicatore fascistoide che specula ancora su un mito legato a quattro hit degli anni 60/70 ; dall’altra un autentico fantasma di un’icona della canzonetta italiana, ormai ridotta come un baccalà, anche per le passate esperienze che l’hanno vista perfino nuda su giornali porno, senza che però partecipasse “attivamente”. Eppure questi rottami del suono del Belpaese sono in grado di darci due dischi sorprendenti, pieni di idee e, se vogliamo, di coraggio. In più c’è quella cosa che alle consolidonàgiorgiemiette di questi anni manca completamente : la classe. Il Molleggiato e compagna, partono con una canzone scritta dai peggiori imitatori del peggior Battisti (R.I.P.), ma la trasformano subito in un’altra cosa e creano l’unico valido tormentone dell’estate. Man mano che le canzoni si susseguono un dolce vento caldo inizia a scaldare il cuore ed uno si dimentica tutto, come dovrebbe accadere per ogni disco pop che si rispetti. Più glacialità per l’ex ragazza del Piper, come suo costume, al punto che senza sentirla cantare uno penserebbe di essere tornato alla new-wave degli anni 80 (qui si e non sul disco degli S. Pumpkins) poi uno si va a leggere la track-list e trova un brano che s’intitola “Silvyan”. Vorrà dire qualcosa ? Due dischi notevoli snobbati dalla critica (che però non disdegna articoli ed elogi a quelle merde dei Soerba...) e premiati dal pubblico : comprate ancora i giornali specializzati ? A proposito : il disco di Mina con i brani dei cosiddetti grandi autori del rock italiano contemporaneo ha fatto molto parlare i giornali, ma non ha venduto una copia.... Non che le classifiche abbiamo tutto questo valore, ma è un piccolo indizio sul fatto che questi grandi autori sono un bluff, cosa che diciamo da molto tempo.
"da Jammai nr. 25 - 09/98"

DINOSAUR JR. "Hand it over" - Blanco Y Negro

Che il tempo ci preservi figure come Jay Mascis. C’è bisogno di gente come lui, in un mondo come questo dove tutti credono di avere in mano la saggezza. In fondo solo quell’altro pazzoide di Julian Cope è capace di toccare le più profonde corde emotive con canzoni altrettanto sghembe. Mascis in più, è da sempre ad un passo dal diventare una rockstar, unico erede di quel cantautore canadese di cui non sto neanche a dirvi il nome ; ma lui, come Scalfaro (che spasso il paragone) “non ci sta’”. Appassionato di canne e tubo catodico, ora pare anche di golf (ve lo immaginate ad incrociare le mazze con Frank Sinatra, sempre che riesca ancora a respirare e poi a fare jam-sessions su disturbanti versioni di “Stranger in the night”...) difficilmente si farà coinvolgere dal tristo teatrino “alternative” fatto di cantanti-amici-di-attori-che-cantano-aiutati-da-cantanti-che-recitano. A lui interessa solo questo folk americano del duemila, figlio di cattivo cibo e cattiva televisione, quindi neanche troppo americano.
"da Jammai nr. 18/19 - 07-09/97"

AEROSMITH "Nine lives" - Columbia /// W.A.S.P. "K.F.D." - Sanctuary/Castle

It’s only rock’n’roll e, per questo, I don’t like it. Certo, vedere gli Aerosmith oggi, cazzoni come venticinque anni fa, può anche far piacere, soprattutto a confronto con tanti artisti (artisti ?) anonimi di tutti gli angoli del globo. Vedi i partecipanti di Sanremo, che ormai non se li ricordano neanche i parenti stretti. I WASP invece, ci riportano a quel r’n’r ignorante di metà anni 80, ed era ora, dopo tutte queste bands preoccupate del buco dell’ozono e delle sorti della balena. Comunque Perry e soci hanno realizzato il classico disco stile anni settanta, che loro incidono dagli inizi degli anni settanta. Qualcuno per favore gli regali un calendario, anche perché l’unica cosa veramente straordinaria fatta da Steve Tyler in tutti questi anni è sua figlia Liv ! A sorpresa sono i WASP a fare la figura migliore, con un disco che parte malissimo, con un brano dal miasma “gansenros”, ma poi si diversifica con qualche tocco industrial e qualche brivido stranamente gotico. Magre soddisfazioni per il rock, che è in piena fase di involuzione, come agli inizi degli anni settanta, proprio quando questo genere iniziava a prendere piede. La storia si ripete...
"da Jammai nr. 18/19 - 07-09/97"

ITALIA?! FORZA....

AREA “Chernobyl 7991” - Sony
BLUVERTIGO “Metallo non metallo” - Mescal/Sony
CRISTINA DONA’ “Tregua” - Mescal/Mercury
GRANDE OMI “Il Grande Omi” - CPI/Mercury
LA CRUS “Dentro me” - Mescal/WEA
LUCIFERME “Luciferme” - CPI
MASSIMO VOLUME “Da qui” Mescal/Polygram
NEGRITA “XXX” - Blackout
SANTO NIENTE “Santo Niente” - CPI
TIMORIA “Eta Beta” - Polydor
Tutti parlano degli Stati Uniti come terra promessa del rock, ma in verità a loro non è che vada meglio, visto che agli ultimi Grammy, un mentecatto quale Eric Clapton è stato eletto musicista dell’anno. Ricordiamo a chi si fosse sintonizzato solo ora sulle onde di Jammai, che il signor Manolenta è, insieme a Elton John e Prince, l’artista preferito dagli stilisti, proprio perché il suo nulla musicale è adatto al vuoto delle vanità più raffinate. Basterà rimembrare che le cose migliori dei Cream erano di Jack Bruce, che “Cocaine” è di J.J.Cale e che l’altro splendido hit “Layla”, deve sì la sua forza ad un riff di chitarra, ma ad opera del grande (lui sì) Duane Allman. Perché mi dilungo sull’ex marito di Lori Del Santo ? E’ semplice : per ritardare il più possibile di commentare le miserie nazionali, ma visto che mi è venuta l’idea, è ora che mi butti. Partiamo dalla Donà che, si dice, cantautrice dal grande avvenire. Lo si è detto anche della Consoli, che invece spappola i coglioni, ma con questa giovane va leggermente meglio. Il suo modello, checchè se ne dica, è P.J.Harvey, quindi una battaglia persa in partenza, anche perché le canzoni migliori sono quelle più melodiche, quelle più vicine, guarda caso, alla tradizione italiana. Quindi il rock lasciatelo a chi lo sa fare... come i Negrita ad esempio, che conoscono alla perfezione una canzone sola e la ripetono di continuo. Sono i Black Crowes della Garfagnana, ma detto da me non è un complimento. Ci vorrebbe H.G.Wells con la sua macchina del tempo, li spediremmo indietro di trent’anni, così sarebbero contenti loro e pure noi. Sempre dal passato pescano i La Crus che inspiegabilmente mandano in visibilio critici e giurie di tutti i premi (pensi che manchi loro solo il Telegatto, ma prima o poi...), anche questo disco va a pescare da Tenco, bla bla bla, dalla scuola di Genova, bla bla bla, Ciampi, gulp ! (calmi, non il ministro !), i campionamenti, Bristol-sound più Conte etc. etc. Tanto rumore per nulla, direbbe il Bardo, o meglio, per poco, visto che le prime due canzoni sono proprio belle, tra le migliori ascoltate negli ultimi tempi, poi il disco si perde in tutta una serie di cazzeggi elettronico-cantautoriali che annoiano smisuratamente. “Ennui” anche per i Massimo Volume, ma in grande stile. Ho sottomano sia il disco che il libro di Clementi e non è che ci sia una gran differenza. Storie di straordinaria ordinarietà o viceversa, che colpiscono, ma non sconvolgono. A differenza di altri, credo che siano le parti musicali le cose più belle. Il sound dei M.V. è unico, però questo è il terzo disco fatto nella stessa maniera e l’esistenzialismo sta cedendo il passo allo sbadiglio. Non c’è da esaltarsi neanche per i loro amici Santo Niente, che hanno perso Umberto Palazzo nella sigla, ma non nella sostanza, visto che fa sentire tutto il suo peso con le consuete alchimie psichedeliche del Tavoliere. Le note portano ai Sonic Youth le liriche parlano di “scimmia sulla schiena”. Nessuna delle due cose è una novità. Se però vogliamo crogiolarci come maiali nel letame del revival, possiamo farlo con Il Grande Omi e Luciferme. I primi ci piazzano la solita pizza a base di carciofini e sound-alternativo anni ottanta. I secondi invece, potrebbero chiamarsi Lucispente visto che dalla loro musica non s’intravede la minima scintilla vitale, pescando così a piene mani dallo stesso decennio il sinfonismo ottuso di Jim Kerr e soci. Strana cosa : Maroccolo oggi supervisiona o produce roba che dieci anni fa non si sarebbe mai sognato di suonare. L’unica nota vagamente positiva arriva dai Bluvertigo, che non saranno forse il futuro del rock nazionale, ma che almeno riescono a comporre brani decenti, anche se più commerciali di altri ed ad arrangiarli molto bene, soprattutto nell’uso della tecnologia, che per molti è solo un riempitivo da inserire “sennò non si è moderni” . C’è ancora qualcosa da rivedere (soprattutto i testi, che palle !), ma in futuro potrebbero riservare qualche sorpresa piacevole. Chi un futuro, secondo me non l’ha mai avuto, sono i Timoria, per cui il dizionario non riporta termini sufficientemente negativi per parlarne. Tempo fa un giornalista sosteneva che se a Sanremo ci fossero stati loro.... sarebbe stato il solito Festival, aggiungo io ; perché non c’è alcuna differenza fra la merda della Oxa (almeno lei è una grande interprete...) ed i loro aborti a volte progressive, a volte metal, a volte crossover. Ed è anche ora che la smettano di riempirsi la bocca con citazioni di Ciampi (sempre lui, non il ministro) e Stratos. A proposito del grande greco (quanto ci manchi, tu non ti immagini quanto...) chiudiamo sulle dolenti note degli Area. Li ho inseriti perché molti si dicono ispirati da loro, ma finora la loro eredità resta vagante. Parlo però di “quegli” Area, perché questi non c’entrano niente. Ora è Capiozzo il motore della band e fa ridere, perché sarebbe come se si riformassero i Beatles con solo Ringo Starr. Purtroppo la musica è un’infinita rottura di cazzo che non porta nulla di nuovo, ma che non è neanche un sano esercizio di stile. E’ solo merdosa fusion per nostalgici del Parco Lambro, che oggi sono seriosi ministri o direttori di qualche tg. Discorso finale (soprattutto per le etichette) alcuni dei prodotti sopracitati, con qualche sforzo, potrebbero arricchire le nostre discografie, ma mai e dico mai, neanche per il figlio dell’Agha Khan, vale la pena di spendere trentaseicartedamille per uno di questi compact. Dite che il mercato è in crisi ? Cazzi vostri.
"da Jammai nr. 18/19 - 07-09/97