MASADA "Hei" - Union

Dalla fortezza/Masada Zorn torna all’attacco del jazz e della musica etnica comunemente intesa. Non è operazione terroristica come altre in passato, ma la continuazione di un lavoro di ricerca e modernizzazione della cultura yiddish, attraverso pratiche armolodiche di colemaniana memoria. Solo Zorn poi poteva far uscire il quinto disco dopo altri tre, creando come al solito un bel po’ di caos. Indubbiamente interessante anche se i lavori che hanno preceduto “Hei” erano forse più incisivi.
"da Jammai nr. 9 - 01/96"

VELVET UNDERGROUND "Peel slowly and see" - Polygram /// THE BEATLES "Anthology" - Apple/EMI /// ROLLING STONES "Stripped" - Virgin

Lo so che sono il solito rompipalle/revivalista, ma il cofano dei Velvet vorrei consigliarlo a tutti coloro che si credono troppo bravi. Da ascoltare in ginocchio, mentre si chiede perdono, per la propria arroganza. Goodbye Sterling. Riascoltare i Beatles invece è come rivedere i goals dell’Italia al Mundial 1982: si viene avvinghiati da un gioioso sentimento di nostalgia. Alternative takes, different version, urletti delle fans, brani assurdi (The Fab Fours plays “Besame Mucho”!) e dichiarazioni più o meno famose vi scaraventeranno indietro nel tempo, in piena Beatlemania. Le idee però sono sempre attuali, visto che una delle canzoni più belle di questi giorni, “Free as a bird”, ha quasi vent’anni. Per quanto riguarda “Stripped” invece metteteci una pietra, casomai rotolante, sopra. L’operazione è simile a quella dei Baronetti, cioè rastrellare più denaro possibile, ma mentre “Anthology” recupera vecchio materiale polveroso, ma prezioso, qui ci troviamo di fronte all’ennesimo inutile live registrato di recente da Jagger e soci, dove fanno la solita figura da infartuati degli ultimi dieci anni. Del resto, se si è rotto i coglioni Bill Wyman, perchè dovrebbe andare diversamente a noi, che i soldi manco li incassiamo? Ricordando i sixties: fareste uscire vostra nonna con un Rolling Stone?
Firmato: NOSTALGIC O’HARA
"da Jammai nr. 9 - 01/96"

BRUCE SPRINGSTEEN "The ghost of Tom Joad" - Columbia

Del Boss si è detto di tutto. C’è chi lo ama a tal punto da incensare, anche sotto tortura, i due ultimi, orrendi album; c’è chi invece lo odia solo perchè odia tutto quello che è americano; c’è anche chi sostiene che sembra un deficiente. La colpa di Springsteen in verità, è solo quella di aver frequentato negli ultimi tempi della gentaccia come Sting; così ad un certo punto della sua vita, fra un matrimonio e l’acquisto di una villa in California, si è messo in testa di diventare un divo pop. Ora però ha sentito il “richiamo della tempesta” quella che s’intravedeva dal parabrezza sulla copertina di Nebraska ed è tornato ad occuparsi di quell’America minore che poi gli ha dato i natali. Un’America che è minore per modo di dire, visto che gli emarginati delle sterminate periferie statunitensi sono sicuramente più numerosi dei bastardi cocainomani di Beverly Hills (90210?). Da ascoltare anche per evitare al folk quella morte per asfissia, che gente come i Gang gli sta provocando.
"da Jammai nr. 9 - 01/96"

SKUNK ANANSIE "Paranoid & sunburnt" - One Little Indian/Virgin

Gli “scancanansi” non sono delle offese in friulano, ma il tipico caso di abbaglio alternativo. In pratica quando si ha la giusta immagine aggressiva/trasgressiva si può aspirare ad un ruolo di nuova grande promessa underground, soprattutto in questo periodo, in cui le vere novità latitano. Ecco allora questa scoreggina crossover, viene presa da un mucchio di gente (Kerrang compreso) come la musica del futuro. La cantante che a vederla sembra la sorella scema di Sinead O’ Connor ed a sentirla la cugina afona di Antonella Ruggiero, una volta con i seminali Matia Bazar, è stata paragonata da atei blasfemi (ma soprattutto sordi) a Janis Joplin. Mentre sento uno strano rimestio nel cimitero di San Francisco non posso far altro che consigliarvi di investire più adeguatamente il vostro denaro.

FLAMING LIPS "Clouds taste metallic" - WEA

La pazzia di questa band è veramente contagiosa. Chiunque li ascolti con un po’ di attenzione, non può fare a meno di chiedersi perchè li ascolta, per poi farsi risucchiare dal vortice di assurdità che, come sempre, parte già dai titoli delle canzoni. Chi invece si è trovato a doverli valutare, non ha avuto minori problemi, non riuscendo quasi mai a capire dove finiva la classe e dove iniziava la stupidità. Ecco allora che i Flaming Lips sono stati incensati troppo in passato, come oggi vengono snobbati; proprio quando riescono a realizzare il loro album più scorrevole, forse anche per la straordinaria vena di stampo beatlesiano che lo caratterizza.
"da Jammai nr. 9 - 01/96"

CYPRESS HILL "III (Temples of boom)" Ruffhouse/Columbia

Ecco cosa succede a farsi delle canne grosse come palme da cocco, perchè a differenza di Clinton questi il fumo lo mandano giù e si sente. Ora che nel rap c’è rimasto poco di interessante, questi “fumati” sono quasi gli unici a mantenere alto il vessillo dell’hip-hop. Scandiscono le classiche rime su una base acida e straniante che arriva fino alle soglie del “bad trip” per arrestarsi giusto un attimo prima. Un inquietante caleidoscopio che, tra fumi d’oppio e d’arma da fuoco, stordisce.
"da Jammai nr. 9 - 01/96"

EDWYN COLLINS "Gorgeous George" - Setanta/London

Il video di “A girl like you” è stato un tormentone su MTV, al pari di quello di Meat Loaf che invece è da premiare come clip più brutto e più idiota di sempre. Collins ha un passato in un gruppo che si chiamava “aranciata” ed un futuro stranamente incerto. A sentirlo potresti giurare che è un clone del Bowie più glam, a volte lo vedresti bene con il cappellaccio da vaccaro di Dwight Yoakam; insomma non propriamente un uomo equilibrato. C’è solo da consigliargli di presentarsi con una personalità più forte la prossima, perchè in certi momenti le sue intuizioni sono notevoli.
"da Jammai nr. 9 - 01/96"

CARDIGANS "Life" - Trampolene/Stockholm

Un nuovo genere spunta all’orizzonte: il rock’n’roll-Bardot, con la cui grazia di una ninfetta degli anni sessanta, si piegano tutte le brutali asprezze del mondo moderno e con una faccia come il culo, si coverizza “Sabbath Bloody Sabbath” con lo xilofono. Nulla di particolarmente eclatante, ma piacevole, a testimonianza del fatto che, negli ultimi tempi, il pop inglese più fresco, non arriva dall’Inghilterra.
"da Jammai nr. 9 - 01/96"

BRUJERIA "Raza odiada" - Roadrunner

Qual’è la “Raza Odiada”? I gobbi per gli ultrà della Fiorentina? Gli ebrei per i musulmani e viceversa, ma non solo, vista la fine di Rabin, il grande uomo di pace che, ricordiamolo, voleva spezzare le braccia a tutti i ragazzi dell’Intifada? I serbi per i bosniaci, i bosniaci per i croati, quelli della Rai per quelli della Fininvest (senza dimenticare Cecchi Gori)? Insomma perchè in ogni angolo del pianeta scoppia una rivolta o una guerriglia od un conflitto? Perchè in ogni parrocchia si parla di pace universale ed ogni politico importante parla di fratellanza fra i popoli, poi uno è disposto a scannare il vicino, solo perchè porta i calzettini blu sulle scarpe marroni (colpa grave in effetti). I Brujeria fanno dunque musica “odiosa”, proprio perchè frutto di tanto odio. Che aspettarsi in fondo da una band che ha un chitarrista che si chiama Asesino? Messico e nuvole di piombo.
"da Jammai nr. 9 - 01/96"

BLACK GRAPE "It's great when you're straight yeah" - Radioactive /// MENSWEAR "Nuisance" - Laurel/London

Finalmente dall’Inghilterra arriva qualcosa di interessante! Dopo mesi di chiacchiere, degne maggiormente del Processo di Biscardi, che della tradizione musicale britannica, su malattie, lotte intestine e esplosioni di super-Io, è il pop a tornare al centro dell’attenzione e lo fa grazie a delle superbe teste di cazzo. Chi era infatti il più antipatico e cafone della scena di Mad-Chester, periodo fine anni 80-inizi 90? Ma Shaun Ryder degli Happy Mondays, naturalmente! Che dire poi di una band che come unico titolo di merito fino a poco tempo fa aveva la nomea di “gruppo meglio vestito d’Inghilterra” (bello sforzo poi! Visto come si vestono gli inglesi...)? Le premesse insomma, mi facevano temere un’ulteriore “Bufala d’Albione”, specialità ultimamente molto servita. Ero un menagramo perchè i Black Grape, mischiando abilmente dance, soul, sampling e strani suoni speziati d’oriente, hanno realizzato un album assai piacevole. I Menswear da parte loro, pur attingendo a piene mani da tutta la storia del pop britannico (inutile fare la lunghissima lista), appaiono più vivaci della maggior parte delle scamorze (tanto per stare in tema di latticini) dell’attuale panorama inglese.
"da Jammai nr. 9 - 01/96

ALICE IN CHAINS "Alice in Chains" - Sony

Che succede in quel di Seattle? A sentire la band di Staley ci si ripiega su sè stessi, dopo il fragore dei primi anni novanta. Le avvisaglie c’erano già state con i Mad Season, via i fuzz alla ricerca di linee melodiche inquietanti. Questa ricerca giunge al termine oggi, con questo capolavoro di equilibrio fra suono seventies e modernità. I dolorosi arabeschi delle chitarre e quella voce sempre più malata (non di Aids però, come si divertono ad urlare i giornali, come se il rock fosse una questione di globuli rossi) toccano corde emotive da tempo dimenticate. Senza cercare il plauso tecnocrate come Corgan, nè le folle oceaniche di Vedder, questo lavoro commuove per semplicità, come il povero botolo della copertina, senza una zampa, ma con mille avventure da raccontare. Infatti ci sentirete tutto qui dentro dai primi Genesis, alla ballata che gli Urge Overkill non riusciranno mai a comporre, messa alla fine del disco.
"da Jammai nr. 9 - 01/96"