CECILIA CHAILLY “Alone” – EMI Classics

LAURA PAUSINI “Io canto” - Atlantic
CLAUDIO BAGLIONI “Quelli degli altri tutti qui” – Columbia

Non lo fare! Non lo fare! Non lo... l’ha fatto... Ecco, diranno molti, Tragic è cascato nella pozza di letame della canzonetta nazional-popolare. Sgombriamo il campo da ogni equivoco: dietro Mina e Liza, la Pausini è la migliore cantante del mondo e non c’è cazzo di uitniiuston che tenga, ma il suo repertorio è da denuncia penale. Oggi, in odore di Natale, quando tutti, dagli U2 all’orchestra Ruspa, hanno il loro greatest hits, sia lei che il divino Claudio escono con un album di cover. Si sa: si fanno queste operazioni quando si è a corto di idee, ma a volte il risultato può essere interessante. Questi due però, come tutti in Italia, rischiano zero e vanno su un repertorio da piano-bar e non si capisce perché star di questo calibro, che avrebbero la top-ten in mano anche se si presentassero con la registrazione live di una gara di rutti, non vadano a pescare brani insoliti o perle rare della nostra musica, anche per donarle alla loro pubblico di bocca buona. In più mentre Baglioni sceglie comunque l’alto profilo con firme quali Bindi e Tenco, Lauretta si va ad impantanare in brani per lo più dozzinali o comunque migliori nella versione originale. Dopo il fetore pseudosanremese si può respirare aria fresca e pulita ascoltando il lavoro della Chailly. Un disco finalmente di non facile ascolto (come se tutto debba essere facile questo mondo, dalla scuola senza bocciature, alla serie A senza la Juve...) ma intenso e prezioso, come può dare solo un’artista prodigio che ha fatto tutta da sola (lieve comparsata di Ludovico Einaudi) e che viene da un percorso artistico che non ha eguali visto che ha lavorato con John Cage, fino a De Andrè passando per Bocelli (vabbé nessuno è perfetto...). Se volete un po’ di caviale e ostriche per le feste e non il solito piatto di lenticchie, sapete cosa fare....
"da Cacofonico nr. 35 - 12/06"

BOB DYLAN “Modern times” – Columbia/Sony Bmg

Salve! Sono ET3, l’amico extraterrestre di Tragic O’Hara. Essendo lui ancora impegnato in Lapponia, mi ha pregato di occuparmi io di questa simpatica rubrichetta. Dovete scusarmi se non sono informato come lui, ma sono stato via un bel po’ di tempo in un lungo viaggio siderale iniziato nel vostro 1996. Vedo che al governo c’è sempre Prodi, quindi deduco che gli anni-luce non sono più quelli di una volta. Ho scelto il disco di questo giovane cantautore quasi esordiente, perché sa dosare alla perfezione il suono della modernità con quello della tradizione. E’ molto piacevole ascoltare questo perfetto equilibrio tra rock, folk e blues che solo le nuove generazioni, innervando il movimento new-acoustic di magnetismo elettrico, riescono ad ottenere e.... cosa? Dylan è al trentaduesimo album in studio!? E’ nato nel 1941??? Oh, cazzo! Comunque... non c’è problema, tanto la musica migliore degli ultimi mesi è ad appannaggio degli esordienti: Tom Verlaine, Prince, Neil Young, Sonic Youth, Audioslave, Pere Ubu, Thom Yorke, Church, New York Dolls, Voivod, Killing Joke......
"da Cacofonico nr. 34 - 11/06"

GGIOVANI: RAZZA IN VIA D'ESTINZIONE

La voce è autorevole: nientemeno che il Goebbels di MTV Italia, Antonio Campo Dall’Orto (con un cognome così finirà per fare il presidente della Juventus...) il quale, piuttosto preoccupato, ci informa che negli ultimi dieci anni i “giovani” sono calati di due milioni. Se qualcuno si chiedesse cosa intende lui per giovani, la risposta è presto detta: i consumatori che vanno dai 16 ai 35 anni. La conferma arriva da un altro consesso di intellettuali: il Festivalbar, dove il Salvetti junior, non certo geniale come il padre che intuì prima le potenzialità dei juke-box, poi quelle delle tv, ma che arrischiò anche artisti dal vivo come Lou Reed in un momento inconcepibile, confessa che ormai la formula della garetta nelle piazze non funziona più ed i ragazzi si stanno allontanando. Che succede allora? I “ggiovani” stanno veramente scomparendo, oppure si sono rotti le palle delle solite cose? Certo è che da noi la gerontocrazia (riportatemi Demetrio vi prego... no, non Albertini!) è in gran spolvero e gli under 40 si distinguono solo per essere casomai “figli di”, mentre all’estero va diversamente e se pensiamo che in paesi come l’Iran le persone sotto i 30 anni sono il 70%, possiamo immaginarci lo scenario del prossimo futuro. Che fare allora della “sms generation”, quella che, tanto per sparare qualche luogo comune, si inebetisce davanti alla PS, comunica solo a mezzo chat e sogna unicamente una partecipazione al GF? La chiudiamo definitivamente in casa con tutti i suoi gadget e saltiamo alla successiva che si annuncia assai più combattiva o porgiamo loro una mano e cerchiamo di salvarla? Allora iniziamo a darle un futuro, casomai un lavoro non sottopagato e duraturo, una letteratura più interessante, un cinema spettacolare ma non autistico, una musica passionale e non derivativa. Qualcuno però obietterà: “ma il progresso? Quello non lo consideri?” ...certo una volta una ragazza che voleva ottenere un lavoro doveva andare a letto con il capo, ora offre il suo corpo mettendo un annuncio su internet; eccotelo il progresso! Eppure, cara “generazione-mille euro”, come si dice in “Brian di Nazareth” “chi affoga nella merda, la pazienza mai non perda” e guardate Buffon (bella forza: miliardi a parte, ogni sera che torna a casa trova la Seredova!) dice di trovarsi a meraviglia in serie B, perché si era stufato di vedere sempre San Siro o il Bernabeu ed ora può finalmente rimirare le meraviglie di Frosinone e realizzare il sogno di solcare il prato dello stadio dell’Albinoleffe. Quindi carissimi “gggiovani” se non volete diventare una specie rara come il canguro albino, lasciate perdere Mtv e tornando ai Monty Python ricordatevi della canzocina che dice “Look at the bright side of life”.
"da Cacofonico nr. 33 - 10/06"

GORNI KRAMER “The smile of swing” – Via Asiago 10/Twilight

Ci sono stati giorni gloriosi per la musica italiana, giorni coraggiosi in cui qualcuno cercava di opporsi al cancromelodismo imperante che ci ha portato fino al Minghi dei nostri tempi. Kramer, che è sconosciuto ai più, tentò di svecchiare il sound ancorato al melodramma, ma fu irriso, ecco che ascoltarlo oggi gli rende oltretutto giustizia. In Italia siamo capaci di riuscire scavare una volta toccato il fondo, così se si pensava che gli Stadio fossero i peggiori della giostra, ecco che sono arrivati i Subsonica e poi giù fino a Tiziano Ferro, il punto più basso raggiunto (fino ad ora) dalla musica nostrana. Il vecchio Gorni aveva stile, anche fisicamente e le sue composizioni erano assai piacevoli, è bello scoprirle proprio in un periodo in cui nel settore swing furoreggia un cantante da villaggio turistico come Michael Bublè. Si sa che il “facile ascolto” non è affatto facile da realizzare ed oggi come oggi solo Raf in Italia riesce a creare dei piccoli classici, ma tanti anni fa esisteva una fucina di talenti (ricordiamo l’immenso Quartetto Cetra) che innovava la tradizione senza tradirla. Ricordarlo fa bene alla mente oltre che alle orecchie.
"da Cacofonico nr. 33 - 10/06"

MUSE “Black holes and revelations” - Warner

Se qualcosa di positivo si può dire sui Muse è che non hanno mai sofferto del famoso complesso di Lionello Manfredonia. Come si sa il buon Lionello era giocatore di ottima fattura, ma disgraziatamente davanti a sè si è trovato Scirea che gli ha chiuso ogni spazio verso la gloria eterna del pallone. Stesso problema per Bellamy e soci che hanno incrociato i ferri per la “hall of fame” con gli inarrivabili Coldplay. Questo però non ha intaccato la loro idea di rock e questo nuovo album lo conferma. Come tutte le band degli ultimi tempi sono figli spuri della new-wave, ma il loro gusto per un certo tipo di retorica del rock, li ha fatti approdare su lidi progressive. In verità sono questioni che affascinano i critici più rincoglioniti (li hanno avvicinati anche ai Queen, fossi nei Muse farei partire una denuncia per diffamazione...) i loro fans, in costante aumento, si accontentano di questo lavoro, che certo non rivoluziona il rock e dei loro concerti, un tantino ipercalorici. Vogliono fare le star, ma poi tengono un basso profilo, non per niente Chris Martin si è preso una diva di Hollywood, Bellamy invece una ragazza italiana, meno glamour, ma forse scopa meglio... parla di questo “buchi neri e rivelazioni”?
"da Cacofonico nr. 32 - 08/06"

AA.VV. “Monsieur Gainsbourg revisited” - Universal

E’ un gran momento per la cultura pop francese e dopo l’indecente film-tv su Dalida, ecco un disco tributo al Signor “Jetemuanonplù”. Come tutti i dischi “hommage” (visto che siamo in Francia) va a corrente alternata, ma è un ascolto piacevole. Checché se ne dica Gainsbourg non era un genio, ma dalle nostre parti, dove impazzano tecnocrati ottusi e bigotti, la bizzarria viene sempre presa per acutezza, così ogni tanto ci troviamo di fronte a sproloqui critici che inneggiano al fegato spappolato od ai polmoni bruciati di Monsieur. Tra l’altro uno dei suoi grandi difetti è proprio quello di essere francese, lingua ostica per il rock, perché par sempre di ascoltare qualcuno che canta con una brioche integrale al miele in bocca. Ottima dunque la scelta di eseguire le cover in inglese, anche perché di transalpini ce ne sono pochini. Come dicevo prima le canzoni sono carine, ma non speciali, gli arrangiamenti invece per la maggior parte dei casi raggiungono ottimi livelli. Apre le danze Jane Birkin con i Franz Ferdinand (in forma migliore che sull’ultimo album) e chiude Carla Bruni in punta di piedi, a metà una stratosferica Faithfull con Sly&Robbie, gran glamour dunque e per il resto si può ben dire che: “c’è tutto un mondo intorno” (Tricky, Stipe, Placebo etc.).
"da Cacofonico nr. 31 - 07/06"

RED HOT CHILI PEPPER “Stadium arcadium” – WB

PEARL JAM “Pearl Jam” – J Records/Sony
TOOL “10.000 days” – Volcano

A parte la follia commerciale di far uscire tre calibri del genere nel giro di una settimana, questi tre dischi ci fanno meditare su altro e vanno ben oltre il loro contenuto musicale. Se questo terzetto si fosse presentato 10 anni fa, avremmo gridato al miracolo, alla salvezza del rock, alla sua eternità. Oggi invece un’ombra di tristezza ci offusca la vista. Dal punto di vista musicale nulla da dire anzi: RHCP hanno ritrovato una vena creativa esaltante, testimoniata dall’alta qualità dei 28 (ventotto!) brani del disco, la band di Vedder e soci, suona sporca ed in certi momenti punk come non aveva quasi mai fatto ed i Tool sono sempre i più fedeli testimoni del lato più oscuro della nostra società. E’ lo spirito ad essere cambiato e non solo per la rivoluzione di internet o per l’11/09/01, qualcuno prova a ricreare la magia del tempo che fu, ma se questa magia non interessa a nessuno che farsene? Se si osserva bene il video di “Dani California” vediamo che il susseguirsi delle rivoluzioni si ferma agli anni 90 con la citazione dell’unplugged dei Nirvana. A noi fa un po’ schifo, mentre Kurt lassù se la ride e perché? Oggi in cima alla lista dei desideri dei giovani occidentali c’è solo il posto fisso, mentre i loro coetanei mediorentali si fanno saltare per aria in nome di un concetto di religione che non esiste, ma spopola nel deserto della fame e dell’ignoranza; e noi da dove ce la tiriamo fuori una nuova rivoluzione? Ecco perché se la ride Kurt lassù... lui è titolare inamovibile nella nazionale dei miti, mentre i suoi vecchi compagni quaggiù, seppur bravissimi, sono soltanto i reduci di una guerra irrimediabilmente persa.
"da Cacofonico nr. 30 - 06/06

MORRISSEY “Ringleaders of the tormentors” – Attack/Sanctuary

In molti mi han detto: “Scommetto che la prossima volta scriverai di Morrissey...” Era così ovvio, banale quasi; che ho deciso che in effetti vi parlerò del nuovo album di Morrissey. A dire il vero c’erano varie cose valide di cui occuparsi, Organ, Gotan Project, Flaming Lips, Prince, Calexico tra gli altri, ma si sa, i gorgheggi del buon Stephen Patrick sono per me quello che di questi tempi i goals di Toni sono per i tifosi della Fiorentina. Si è molto chiacchierato sul fatto che questo disco sia stato realizzato a Roma e non capisco perché; quando Nick Cave andò a vivere in Brasile, nessuno si aspettava da lui una svolta a base di samba. Anche se il prossimo album dovesse essere un “Live in Frosinone” chissenefrega. Qui c’è tutto il Morrissey amato/odiato da fans e detrattori, ma soprattutto una serie di canzoni di altissimo livello, suonate ed arrangiate alla perfezione (e non solo per gli archi di Morricone che, non per tornare sui soliti argomenti, nessun rocker nostrano ha mai sfruttato a dovere). Per il resto i consueti titoli che permettiamo solo a lui e testi in linea con lo spleen di Moz, dove si azzarda pure una rima come “Piazza Cavour/what’s my life for?” (Lui dice “cavor” disprezzando i francesismi da buon britannico). L’Italia di Morrissey del resto è quella kitch vista da un certo tipo di stranieri snob che impazziscono per l’orrido e detestano l’ovvio, poi lui sulla goffaggine ci ha costruito una carriera e quale miglior luogo del Belpaese.....
"da Cacofonico nr. 29 - 05/06"

VINICIO CAPOSSELA “Ovunque proteggi” – Atlantic/Warner /// IVANO FOSSATI “L’Arcangelo” – Columbia/Sony

FRANCESCO DE GREGORI “Calypsos” - Caravan

All’improvviso scatta il coro da ultras: “CAN-TA-U-TO-RE: RAZ-ZA IN-FE-RIO-RE!!” ma a parte questa comicità da Zelig c’è poco da ridere. Canzone d’autore, cosa vuole dire? Dalle nostre parti c’è sempre il macigno “dell’impegno” che penzola sulle nostre teste e da più di trent’anni non si sposta. Capossela è partito da canzonette ubriachette ed oggi è sempre allo stesso punto, con un grande avvenire dietro le spalle. I nomi che si fanno vicino al suo sono sempre gli stessi, compreso Waits, che nel frattempo ha iniziato e concluso tre carriere diverse. Il sottotitolo del lavoro di De Gregori è: “9 nuove canzoni” NUOVE?? Ma se compone sempre la stessa da anni! E’ vero: ha scritto pagine magiche della nostra musica, ma il suo verbo ormai si declina solo al passato. Infine il più sopravvalutato di tutti, il maestro con la m minuscola che di grande ha solamente la spocchia. Esemplare il testo de “Il battito” le cui parole sono state riportate più volte: “Dateci parole poco chiare, quelle che gli italiani non vogliono capire” Per la serie: io sono intelligente, insieme a pochi altri (e chi? Veltroni forse, o Fazio? o Santoro?) mentre la massa è composta da ignoranti. Giudicate voi: Dylan e Cohen non si sono mai permessi. In fondo Fossati si lamenta perché viene ricordato soprattutto per “La mia banda suona il rock” ed anziché essere felice che quella canzone faccia ancora saltare la gente sulle sedie, se ne duole. Non voglio questa gente come compagni delle mie giornate, per fortuna è uscito il nuovo dei Placebo....
"da Cacofonico nr. 28 - 04/06"

ARCTIC MONKEYS “Whatever people say I am, that’s what I’m not” – Domino Recording

Ormai è certo: il pubblico è più intelligente della critica. Non che ci volesse granché, ma il vecchio “faro nella nebbia” si è spento una volta per tutte. Così i “saggi” sbattono gli Editors in mezzo agli articoletti dedicati ai due di briscola e la gente li manda in classifica, oppure va a scoprire questi Arctic Monkeys prima dei talent-scouts. Non mi entusiasma questa necstbigzing del pop britannico, ma almeno mi incuriosisce. C’è da dire che sono giovanissimi, non scimmiottano nessuno e suonano molto bene. Le canzoni sono acqua fresca, ma lo erano anche quelle degli Smiths. Dicono di ispirarsi ai Clash, ma non è vero, sembrano a volte dei Nirvana allegri (ascoltare il brano di apertura pleeese...), con chitarre taglienti e ritmica nervosa, per fortuna loro molto poco brit-pop. Altre volte vengono in mente le ruffianerie di classe di certi Rolling Stones, oppure i Police degli esordi, ma senza finto background giamaicano. In pratica ci sono molte cose buone e da’ l’idea di essere un disco che non porta certo la rivoluzione nella musica rock, ma potrebbe annunciarne una. Restate sintonizzati....
"da Cacofonico - 03/06"

THE STROKES “First Impression of Earth” – RCA/Sony&Bmg

Quando mi sono presentato alla cassa del discount (attenzione, ho detto discount...) avevo in mano questo cd ed un altro di canzoncine da regalare ad una pupetta di quattro anni. Chissà perché, mentre li osservavo, avevo la sensazione che “Le tagliatelle della Nonna Pina” fosse più eversiva di “Juicebox” già stravisto su emtivì (brutto video fra l’altro). Molti mi scrivono: “Dici sempre le stesse cose...” ed io che sono uno che ci tiene al prestigio, me ne risento, ma adesso come cazzo faccio a non dire che il rock è arrivato ad un punto morto, ascoltando questi strocs, che come tutti gli altri citano ogni meraviglia del rock senza ovviamente toccarne le vette. Questo non è altro che il catalogo PostalMarket del suono degli ultimi trent’anni, dove si può trovare di tutto ed a basso prezzo. Qualche esempio? Gli inevitabili: Ask me anything (Velvet), You only live once (Stones), ma in giro c’è anche zio Iggy. Le sorprese d’artista: Juicebox (non assomiglia, ma E’ Peter Gunn di Mancini, per fortuna non quello dell’Inter), 15 Minutes (Pogues, addirittura...). In più è stato istituito un concorso: chi scoprirà quale merdosa hit da classifica si nasconde all’interno di “Razorblade”, vincerà una settimana a pranzo e a cena a casa di uno del Cacophonico. Iscrivetevi. Comunque non è colpa loro, è il tempo che passa il vero nemico. Chi avrebbe pensato 10 anni fa che le prestazioni di Korn sarebbero diventate l’aria fritta di oggi ed anche noi che incensavamo pochi mesi fa i SOAD, lodandone lo spirito iconoclasta, ci troviamo quanto meno dubbiosi sull’operazione furbetta dei due cd al prezzo (pieno) di due. E’ vero: dico sempre le stesse cose e va a finire che tra qualche mese ascolterò questo cd con un certo piacere. Comunque tra gli scaffali ho visto due magnifiche ristampe dei Fairport Convention, quasi quasi torno indietro e......
"da Cacofonico - 02/06"

M.E.I. COIONI!!!

L’espressione nasce spontanea dopo aver letto i numeri della rassegna faentina. Lungi da noi criticare il lavoro che da anni il mefistofelico Giordano Sangiorgi e l’angelica Roberta Barberini svolgono nell’ambito musicale della Romagna, ma i numeri nella vita non sono tutto. Innanzitutto fare un Meeting di stampo professionale con ambizioni internazionali a Faenza è come fare il Salone della Nautica a Pieve di Cadore, ma anche qui non si può certo criticare chi ha creduto in questa manifestazione e l’ha fatta crescere in un ambiente provinciale e lontano dalle grandi rotte “commerciali”. Il problema non è questa rassegna od un’altra eventuale, più grande ed eventualmente legata ad avvenimenti sinergici (stile Midem per intenderci) ma è proprio la musica ad avere davanti a sé un futuro affatto roseo. Non parlo solo di mercato, affossato dai talent-scout più ignoranti del pianeta, ma proprio della musica come l’abbiamo sempre intesa: un veicolo di emozioni e suggestioni in grado di farci vedere la vita in modo diverso. A chi dovrebbe salvare la vita il r’n’r di oggi? Quale rivoluzione della mente od anche solo dei costumi, dovrebbe suffragare? La risposta non c’è. Basta solo accorgersi che ci sono settori molto più avanti nella ricerca di una risposta. Le arti visive ad esempio e non parlo di cinema, ormai al grado zero anch’esso, sopravvivente solo grazie all’ossigeno velenoso dei remake, quanto piuttosto il design, l’architettura, certi settori della pittura e della fotografia ed anche la moda è più avanti delle chitarre elettriche (cosa che poi è sempre accaduta...). Non sarà dunque il MEI con i suoi venti tavolini dove lasciare i demo, o le quattro tarantelle ascoltate in giro o, peggio ancora i dibattiti, che ritornano ciclicamente sempre sugli stessi argomenti, ad indicarci una rotta, perché in verità non c’è nessun mare da solcare. Una volta le indies nostrane erano un semplice parcheggio per talenti speranzosi di finire al più presto in una major; niente a che vedere con ciò che accadeva all’estero ( e che accade da noi nell’editoria ad esempio) dove il gusto della scoperta era all’ordine del giorno. Oggi i colossi del disco non fanno altro che gonfiare i prezzi dei cd o truffare i giovani beoti con le suonerie per cellulare, la creatività è andata a farsi fottere e il processo è irreversibile. Certo che se il MEI non esistesse la cosa sarebbe ancora più triste; lasciamolo allora a chi crede ancora di poter far sentire la sua voce, ma consideriamo il tutto come una grande sagra paesana e non lo diciamo con disprezzo, ma proprio in nome di quel senso di intimità dei pochi eletti, di massoni del suono lo-fi, consegnando casomai qualche premio in meno (darne tanti non è segno di qualità) ed evitando di calpestare il lordume di personaggi affatto degni della causa (vedi Red Ronnie, i Nomadi e soprattutto Celentano finto spirito libero). In ogni caso auguri per il decennale.
"da Cacofonico 01/06"

ROYKSOPP “The understanding” – Virgin

Un po’ è colpa mia: avrei dovuto parlarvi di questo disco quando è uscito, ma ho tardato ad acquistarlo. Per il resto è colpa del livello generale della musica di questi tempi che mi obbliga a ripescare un lavoro datato, perché il panorama delle novità offre poco o nulla. Mi piace comunque tornare sui Royksopp in quanto uno dei pochi ensemble musicali ad avere un suono moderno. Questo non per la matrice elettronica del loro lavoro, ma perché in grado di rappresentare la tensione della contemporaneità. Li aiuta l’approccio non minimale al suono sintetico, con un’attitudine orchestrale che li porta dai lidi dei mai abbastanza considerati Pet Shop Boys (spernacchiati negli anni passati dagli adoratori del r’n’r sudato) fino ai limiti del progressive ed anche se sembra un’assurdità il sample dei Camel (altra band da riprendere in considerazione) la dice lunga. Musica per lo più spiazzante ed inedita che affonda però le sue radici in suggestioni antiche e che è in grado di aumentare il suo fascino ad ogni ascolto, con quanti altri vi è successo ultimamente (da Vasco ai Korn e da Eros agli Audioslave)?
"da Cacofonico - 01/06"