TYPE O NEGATIVE "October rust" - Roadrunner

Spero che Peter Steele non legga mai questa recensione perché devo dire che quest'ultima opera, di cui lui va così orgoglioso, è decisamente imbarazzante. Questo era il disco che dovevano intitolare "The origin of the feces" perché fa veramente cagare! Il ricordo va immediatamente ai Sisters of Mercy, invero grandissimi, cioè a dieci anni fa, non proprio l'altro ieri; poi a qualche chincaglieria "dum" che non ci affascina di certo. Prima del successo del precedente album, proprio Steele in un'intervista dichiarò che se non avesse raggiunto la notorietà, si sarebbe sparato, ma se continua su questa strada dovrà ricaricare la pistola.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

TRANSGLOBAL UNDERGROUND "Psychic karaoke" - Offworld

Oggigiorno i T.U. sono trendy. La cosa non ci dispiace, anche se la loro musica viene usata come sigla di trasmissioni televisive fetenti. Domani i virgulti “dell’ecccezzzionnale!” volgeranno le loro brame altrove, ma noi no. Questo ensemble rappresenta il futuro, come abbiamo già detto altre volte, fa intravedere un villaggio (quello sì globale) dove rotte le barriere di tutti i ghetti, si balla e si pensa con la stessa intensità e dove si viaggia alla velocità di Internet, ma il cuore sarà sempre allo stesso posto e batterà sempre con la stessa passione.Il karaoke psichico, alla faccia di Fiorello, l’uomo (uomo?) più finto del mondo, è già una splendida realtà.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

TOOL "Aenima" - Zoo/BMG

Strano davvero questo terzo disco dei Tool. Strano ma affascinante. Avete presente i Jane's Addiction? Sì? Bene, metteteli in una session con i Jethro Tull (quelli dei primi album però, non quelli orreddamente progressive...) e fategli credere di essere i Nirvana mentre suonano covers dei Metallica. Questi sono i Tool: una delle poche novità di rock, classicamente inteso, degne di essere ascoltate quest'anno. Certi brani sono di una lunghezza esasperante, ma forse è il loro modo di intendere la musica. Lasciatevi trasportare allora da questa ora abbondante di fantasmagoria rovente che ha soprattutto il pregio di risultare "aria fresca" per i nsotri timpani.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

SCREAMING TREES "Dust" - Epic/Sony

Chissà perchè gli Screaming Trees (e la stessa cosa vale per i Buffalo Tom) nel panorama del rock americano non sono mai riusciti a ritagliarsi un angolo di vera gloria a dispetto, che so, di formazioni creativamente squallide quali i Pearl Jam, od i fetentissimi revivalisti Black Crowes (e per cortesia non tiriamo fuori quella menata assurda del recupero delle radici...ascoltate cosa accade su questo “Dust” nonostante ci metta le mani Drakoulias, il bastardo generale Custer dei produttori...) Resta il fatto che dopo numerosi album, tutti ottimi, compresi i due solisti di Lanegan, questo ultimo lavoro tocca ancora le vette della loro miglior produzione. Dopo di ciò torneranno a girare il mondo per l’ennesimo tour, lasciando alle cronache gli scandali drogati di Courtney Love o lo stupore entusiasta per ogni muggito di Vedder. Sangue, sudore e la...trine.
"da Jammai nr. 14 - 11/96

R.E.M. "New adventures in hi-fi" WEA /// PEARL JAM "No code" - Epic /// NIRVANA "From the muddy banks of the Whishkah" - Geffen

Ormai i "cummenda" del post-punk americano sono arrivati alla fine del loro viaggio. Stipe, detto il "timido", sarà costretto, poverino, ad uscire dal suo guscio per firmare un contratto da ottanta milioni di dollari. I Pearl Jam hanno licenziato il solito disco con 38 copertine diverse e la spacciano come novità (mai sentito parlare dei Led Zeppelin?). I Nirvana che volevano essere solo una buona e fottuta punk-band, pubblicano un album "absolutely-70's-rockstar", un doppio dal vivo, postumo per giunta. Il tempo passa, vero e triste, ma è ancor più malinconico notare che le nuove avventure del quartetto di Athens si aprono con il clone di "Souvenir of a dream" del grandissimo (lui sì, non Jon Spencer!) Tom Verlaine e che, in quello che comunque il miglior disco dei R.E.M. da sette anni a questa parte, il brano che resta nella memoria è quella dove naviga (non su internet, plis...) una certa Patti Smith. New York New York alla faccia di Scorsese? Sì certo, ma anche Seattle Seattle, così i Pearl Jam con il loro "laconic-rock" fanno qualche passo avanti e sono diventati finalmente un vero gruppo e non più la Eddie Veddere Band, anche perché il loro front-man la smette di muggire e canta dissonatamente (esiste un avverbio del genere?) per far capire che in fondo il suo gruppo è rimasto "underground"; però anche qui se vogliamo cogliere una perla, ci troviamo fra le mani un vecchio motivo di un certo che per fortuna si chiama "Giovane". E i Nirvana? Già, i Nirvana...
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

PJ HARVEY - JOHN PARISH "Dance hall at louse point" - Island

Ci sono rimasto male. E' un disco che non capisco. Breve. Asettico. Epilettico. Appunti di viaggio. Sensazioni. I nomi delle città. Strano. L'ultima tourneè. C'è anche Modena. Chicazz'è John Parish? Però qualche canzone non è male. Ma altre sono orrende. C'è anche Modena. E perché non Macomer? L'ho ascoltato. Poi l'ho riascoltato. Anno bisesto, anno funesto. Quest'anno tutti i nostri artisti preferiti ci hanno rifilato delle "sole". Anche Polly. Ma Polly resta grande. Senti che carica. Forse è colpa di John Parish. Ma chicazz'è John Parish? Torno a riascoltarmi "To bring you my love".
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

ORBITAL "In sides" - Internal

Più che grandi, immensi. Più che eccelsi, spaziali. Orbitali, direi, se non fosse una stronzata, ma non sarebbe la prima che scrivo. Resta il fatto che gli Orbital sono una delle poche realtà musicali emozionanti di questo periodo, ma soprattutto una delle poche note caratterizzanti degli ultimi anni, quando più o meno tutti gli artisti sono corsi dietro a “quella moda”, o hanno recuperato “quello stile”; diventando quindi new-qualcosa, poi new-new-qualchecosaltro, ma restando il più delle volte pallosi-forever. Certo, anche gli Orbital hanno approfittato di un ritorno di fiamma del pubblico per l’elettronica, ma se ne sono staccati subito e, passo dopo passo, sono arrivati a comporre queste colonne sonore per l’anima, dove nulla è artificio od automazione, ma magia e sensibilità. Per ora, il migliore dei mondi possibili resta quello “interiore”.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

KULA SHAKER "K" - Sony /// SUEDE "Coming up" - Nude/Sony

Due buone notizie: la prima è che Funari non farà più televisione, la seconda è che dopo mesi di brit-pop che noi preferiamo definire "brutt-pop" tanto fa schifo, nel raggio di poco tempo sono arrivate due caramelline che anche se non ci hanno riempito il cuore di gioia, ci hanno almeno fatto sorridere. Oggi infatti potremmo gridare al miracolo se non ci fossero stati quei due di coppe con la briscola a bastoni di Bowie e Bolan nella storia del rock anglosassone, oppure la psychedelia. Il risultato è però gradevole, sia per i veterani Suede, che oggi ci paiono anche più simpatici (la concorrenza in fatto di stronzaggine si è data molto più da fare che sui dischi...) che per gli esordienti Kula Shaker. In particolare questi ultimi reinventano con britannico humour quel pop di tanti maestri passati, usando però l'ispirazione e non il fotocopiatore; così questa esotica cartolina dal mondo indiano visto dalla Terra d'Albione risulta uno degli album da possedere sicuramente. I Suede sono certamente più prevedibili, ma dopo le varie traversie della line-up si sono ripresi molto bene e "coming up" si ascolta molto meglio delle chiacchiere sui litigi dei fratelli Gallagher (meglio rivolgere il proprio interesse alle sorelle Carlucci...).
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

KORN "Life is peachy" - Epic

Non so se sia vera la storia del cantante dei Korn sul suo passato di medico legale, ma è certo che se pumpate up "sul serio" il volume, rischiate che Davis & soci la facciano a voi l'autopsia. Come definirli? Helmet più estremi? Moderni Killing Joke? Certo è che i Korn con il metal normalmente inteso non c'entrano niente (non inorridite "rumoristi" convinti...); la loro è una new-wave filtrata a Chernobyl nei suoi momenti di funereo splendore, servita con l'agghiacciante violenza dei troppi serial-killer portati ingiustamente alla ribalta in questi anni. I Korn sono i Joy Division con la voglia di uccidere e non di suicidarsi.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

JAMIROQUAI "Travelling without moving" - Sony

Viaggiare senza muoversi? Ne parlava già l'Ariosto ("Questo mi basta; il resto della Terra, senza mai pagar l'oste, andrò cercando con Ptolomeo, sia il mondo in pace o in guerra") ed anche Salgari dal nordest ultraleghista descriveva esotici mondi per quel "terun" di Sandokan, ma i viaggi il nostro amico con le corna, si sa, sono di ben altra natura. Involontariamente Jamiroquai è riuscito in un'impresa un tempo ritenuta impossibile: ha mischiato la disco più fighetta con il rock degli hippies. Il risultato è che gli yuppies sono passati dalla cocaina all'erba ed ora, purtroppo, non schiattano più. Musicalmente gli esiti sono anche più scadenti: motivi per sottofondi notturni in radio di terza categoria (quindi, più o meno tutte...) ma tenete presente che nel 2030 ci sarà gente che griderà al miracolo e pagherà questi dischi una fortuna, ditelo ai vostri nipoti... Tra un suol "de Trastevere" e l'altro il nostro c'infila un reggae in cui lui crederà d'essere Marley (sempre la storia dei viaggi...) ma in verità sembra un Eddy Grant qualsiasi.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

ICE-T "Return of the real" - Priority/Virgin

Il buon Tracy Marrow ritorna alla realta, ma, ci chiediamo noi, quando mai se ne era allontanato? Con quel nome. con quel carisma, con quel passato e, soprattutto, con la moglie che si ritrova, non gli conveniva scollegarsi dalla vita vissuta. E noi, visto che i "neri intelligenti" non ci fanno paura, al contrario degli stronzi di tutte le razze, siamo contenti di averlo dalla nostra parte della barricata, sia per la lingua tagliente che per la sua ottima mira. Per quanto riguarda le sette note, uno strano funky acido, più elegante e ruffiano, si fa strada a dispetto del suono cazzuto, ma assai standardizzato, di certo rap. Delinquente sì, ma sempre con stile.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

GALLIANO "4" - Talking Loud/Polygram

Non ve la prendete con Galiiano se l'acid-jazz è diventata la musica prediletta dei fighetti di merda. Del resto i cazzoni griffati non si sono neanche resi conto che qui di acid c'è poco e di jazz nulla. La musica di Galliano è un particolare caleidoscopio di suoni, perlopiù britannici, che quando si va a macchiare di nero può ricordare al massimo i Working Week. Non male, anche se noi preferiamo cose un po' più "forti", ma ogni tanto un semplice abbraccio può dare più gioia della pratica del fist-fucking.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

FASTEN BELT "Vivi il tuo tempo" - BMG

Un mio amico dice che non si può fidare di un gruppo punk che si chiama "cintura di sicurezza". Sbaglia, perché a lui piacciono i Nazzareno Impalato ed i Macinatori di Cadaveri ed anche perché i Fasten Belt non fanno punk. Sembrano una versione bubble-gum di Ligabue, ma non per questo sono da fucilare, almeno per me che sono contrario alla pena di morte. Certe canzoni sono orecchiabili e fischiettabili, ma resta il fatto che in Italia (non solo ultimamente...) si continuano a fare esclusivamente dei filmini, dei libriccini, dei concertini e, naturalmente, dei dischini. "Vivi il tuo tempo" non sfugge alla regola e si adagia su un antico suono "beat" leggermente modernizzato. E i testi? Come diceva uno che di versi se ne intendeva: "non ti curar di loro...".
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

EINSTURZENDE NEUBAUTEN "Ende neu" - Our choice/Mute

Blixa e soci non fanno più paura e loro lo sanno. Ormai però quasi più nulla fa paura, dalle svastiche che i ragazzi allegramente disegnano sui loro zainetti, alle tasse con cui il governo ci succhierà la tredicesima (...avercela la tredicesima... avercelo un lavoro...). Il mondo è cambiato e gli Edifici Nuovi Non Crollano Più, anche perché tutti i cantieri sono chiusi per tangenti. Grandi artisti gli EN: quando fanno un disco in cui credono poco, lo fanno assomigliare ad un lavoro di altri, così la colpa non ricade su di loro. Ecco allora che ascoltando "Ende Neu" pare di trovarsi di fronte ad una delle ultime opere degli Swans (R.I.P., ma ne riparleremo...) che non è esattamente un difetto, ma certamente una sorpresa. Disco valido ma di transizione e, come si dice sempre in queste occasioni, se iniziate ora ad ascoltare gli EN (ma dove eravate fino ad oggi?) non partite da qui.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

NENEH CHERRY "Man" - Virgin

La bella Neneh intitola un disco "uomo". Perché? Si sono chiesti in molti. Ce ne fregasse qualcosa, diciamo noi. L'avesse intitolato "Merda" o "Baricco" (che strano parallelo...) sarebbe stata la stessa cosa. Neneh si ama per quello che è, non solo per il cognome che porta. Ora che il patrigno Don ci ha lasciati, forse la figlioccia ha voglia di affermare tutta la sua capacità di andare avanti da sola. C'è una forza sotterranea in questo disco, fra le pieghe anche di brani leggerissimi o ripetitivi, una potenza degna di Tyson (il pugile, non sua figlia...) ed una grazia degna di Naomi Campbell, a cui noi continuiamo a preferire la madre. Già... figli e genitori... buon sangue non mente.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

CARDIGANS "First band on the moon" - Stockholm/Polydor

Aveva ragione un mio amico che abita in un'altra galassia, dicendo che noi terrestri siamo proprio strani. Quando Colombo andò in America era arciconvinto di trovarsi in India ed ora spediamo i Cardigans sulla luna per rappresentare la nostra musica pop, senza chiedere niente a Michael Jackson che si voleva comprare lo Shuttle per girarci in giardino. Forse, ora che ci penso, allo showman da camera iperbarica l'hanno domandato, ma lui ha declinato l'invito essendo al corrente che sulla luna non ci sono adolescenti (ve lo ricordate Baudelaire: "fresche carni di bimbo..." o era Verlaine? Ah, maledetti 'sti maledetti!). Il guaio è un altro: i Cardigans dalla luna sono tornati e ci hanno fatto ascoltare il loro nuovo album, dove si spaccia la pochezza per amenità. Ecco allora che se l'anno passato, ascoltando il loro primo disco, un sorrisetto di compiacimento mi compariva sulle labbra, questa volta la sorpresa è completamente svanita. Il modello di riferimento sono le Go-Go's della mia adorata Belinda, ma quello è un altro pianeta, altro che la luna!
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

BECK "O-delay" - Geffen

Beck è un artista utile. Serve per mandare ogni tanto a fare in culo la critica-che-conta che adotta artisti del genere (poveri cuccioli...) e li spaccia per dei geni, solo perché vagamente bizzarri. "O-delay" è un disco noiosissimo e, se ascoltato i auto, capace di alzare vertiginosamente gli incidente stradali per colpi di sonno. Con Beck vale il discorso di Sacchi: forse noi comuni mortali non siamo in grado di capirne l'inventiva, ma poi ne subiamo le nefaste conseguenze. Eccoci di fronte ad un mezzo hip-hop da "slacker" in mezzo a voci telefoniche, carillons, orsetti pelouche ed ogni tanto qualche chitarra distorta per farci vedere quanto è alternativo. Beck ha scoperto un simpatico armamentario demodè nella soffitta del rock americano ed ogni tanto scende da lassù per farci partecipi delle sue scoperte. Il problema è che noi siamo allergici alla polvere.
"da Jammai nr. 14 - 11/96