TYPE O NEGATIVE "October rust" - Roadrunner

Spero che Peter Steele non legga mai questa recensione perché devo dire che quest'ultima opera, di cui lui va così orgoglioso, è decisamente imbarazzante. Questo era il disco che dovevano intitolare "The origin of the feces" perché fa veramente cagare! Il ricordo va immediatamente ai Sisters of Mercy, invero grandissimi, cioè a dieci anni fa, non proprio l'altro ieri; poi a qualche chincaglieria "dum" che non ci affascina di certo. Prima del successo del precedente album, proprio Steele in un'intervista dichiarò che se non avesse raggiunto la notorietà, si sarebbe sparato, ma se continua su questa strada dovrà ricaricare la pistola.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

TRANSGLOBAL UNDERGROUND "Psychic karaoke" - Offworld

Oggigiorno i T.U. sono trendy. La cosa non ci dispiace, anche se la loro musica viene usata come sigla di trasmissioni televisive fetenti. Domani i virgulti “dell’ecccezzzionnale!” volgeranno le loro brame altrove, ma noi no. Questo ensemble rappresenta il futuro, come abbiamo già detto altre volte, fa intravedere un villaggio (quello sì globale) dove rotte le barriere di tutti i ghetti, si balla e si pensa con la stessa intensità e dove si viaggia alla velocità di Internet, ma il cuore sarà sempre allo stesso posto e batterà sempre con la stessa passione.Il karaoke psichico, alla faccia di Fiorello, l’uomo (uomo?) più finto del mondo, è già una splendida realtà.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

TOOL "Aenima" - Zoo/BMG

Strano davvero questo terzo disco dei Tool. Strano ma affascinante. Avete presente i Jane's Addiction? Sì? Bene, metteteli in una session con i Jethro Tull (quelli dei primi album però, non quelli orreddamente progressive...) e fategli credere di essere i Nirvana mentre suonano covers dei Metallica. Questi sono i Tool: una delle poche novità di rock, classicamente inteso, degne di essere ascoltate quest'anno. Certi brani sono di una lunghezza esasperante, ma forse è il loro modo di intendere la musica. Lasciatevi trasportare allora da questa ora abbondante di fantasmagoria rovente che ha soprattutto il pregio di risultare "aria fresca" per i nsotri timpani.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

SCREAMING TREES "Dust" - Epic/Sony

Chissà perchè gli Screaming Trees (e la stessa cosa vale per i Buffalo Tom) nel panorama del rock americano non sono mai riusciti a ritagliarsi un angolo di vera gloria a dispetto, che so, di formazioni creativamente squallide quali i Pearl Jam, od i fetentissimi revivalisti Black Crowes (e per cortesia non tiriamo fuori quella menata assurda del recupero delle radici...ascoltate cosa accade su questo “Dust” nonostante ci metta le mani Drakoulias, il bastardo generale Custer dei produttori...) Resta il fatto che dopo numerosi album, tutti ottimi, compresi i due solisti di Lanegan, questo ultimo lavoro tocca ancora le vette della loro miglior produzione. Dopo di ciò torneranno a girare il mondo per l’ennesimo tour, lasciando alle cronache gli scandali drogati di Courtney Love o lo stupore entusiasta per ogni muggito di Vedder. Sangue, sudore e la...trine.
"da Jammai nr. 14 - 11/96

R.E.M. "New adventures in hi-fi" WEA /// PEARL JAM "No code" - Epic /// NIRVANA "From the muddy banks of the Whishkah" - Geffen

Ormai i "cummenda" del post-punk americano sono arrivati alla fine del loro viaggio. Stipe, detto il "timido", sarà costretto, poverino, ad uscire dal suo guscio per firmare un contratto da ottanta milioni di dollari. I Pearl Jam hanno licenziato il solito disco con 38 copertine diverse e la spacciano come novità (mai sentito parlare dei Led Zeppelin?). I Nirvana che volevano essere solo una buona e fottuta punk-band, pubblicano un album "absolutely-70's-rockstar", un doppio dal vivo, postumo per giunta. Il tempo passa, vero e triste, ma è ancor più malinconico notare che le nuove avventure del quartetto di Athens si aprono con il clone di "Souvenir of a dream" del grandissimo (lui sì, non Jon Spencer!) Tom Verlaine e che, in quello che comunque il miglior disco dei R.E.M. da sette anni a questa parte, il brano che resta nella memoria è quella dove naviga (non su internet, plis...) una certa Patti Smith. New York New York alla faccia di Scorsese? Sì certo, ma anche Seattle Seattle, così i Pearl Jam con il loro "laconic-rock" fanno qualche passo avanti e sono diventati finalmente un vero gruppo e non più la Eddie Veddere Band, anche perché il loro front-man la smette di muggire e canta dissonatamente (esiste un avverbio del genere?) per far capire che in fondo il suo gruppo è rimasto "underground"; però anche qui se vogliamo cogliere una perla, ci troviamo fra le mani un vecchio motivo di un certo che per fortuna si chiama "Giovane". E i Nirvana? Già, i Nirvana...
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

PJ HARVEY - JOHN PARISH "Dance hall at louse point" - Island

Ci sono rimasto male. E' un disco che non capisco. Breve. Asettico. Epilettico. Appunti di viaggio. Sensazioni. I nomi delle città. Strano. L'ultima tourneè. C'è anche Modena. Chicazz'è John Parish? Però qualche canzone non è male. Ma altre sono orrende. C'è anche Modena. E perché non Macomer? L'ho ascoltato. Poi l'ho riascoltato. Anno bisesto, anno funesto. Quest'anno tutti i nostri artisti preferiti ci hanno rifilato delle "sole". Anche Polly. Ma Polly resta grande. Senti che carica. Forse è colpa di John Parish. Ma chicazz'è John Parish? Torno a riascoltarmi "To bring you my love".
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

ORBITAL "In sides" - Internal

Più che grandi, immensi. Più che eccelsi, spaziali. Orbitali, direi, se non fosse una stronzata, ma non sarebbe la prima che scrivo. Resta il fatto che gli Orbital sono una delle poche realtà musicali emozionanti di questo periodo, ma soprattutto una delle poche note caratterizzanti degli ultimi anni, quando più o meno tutti gli artisti sono corsi dietro a “quella moda”, o hanno recuperato “quello stile”; diventando quindi new-qualcosa, poi new-new-qualchecosaltro, ma restando il più delle volte pallosi-forever. Certo, anche gli Orbital hanno approfittato di un ritorno di fiamma del pubblico per l’elettronica, ma se ne sono staccati subito e, passo dopo passo, sono arrivati a comporre queste colonne sonore per l’anima, dove nulla è artificio od automazione, ma magia e sensibilità. Per ora, il migliore dei mondi possibili resta quello “interiore”.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

KULA SHAKER "K" - Sony /// SUEDE "Coming up" - Nude/Sony

Due buone notizie: la prima è che Funari non farà più televisione, la seconda è che dopo mesi di brit-pop che noi preferiamo definire "brutt-pop" tanto fa schifo, nel raggio di poco tempo sono arrivate due caramelline che anche se non ci hanno riempito il cuore di gioia, ci hanno almeno fatto sorridere. Oggi infatti potremmo gridare al miracolo se non ci fossero stati quei due di coppe con la briscola a bastoni di Bowie e Bolan nella storia del rock anglosassone, oppure la psychedelia. Il risultato è però gradevole, sia per i veterani Suede, che oggi ci paiono anche più simpatici (la concorrenza in fatto di stronzaggine si è data molto più da fare che sui dischi...) che per gli esordienti Kula Shaker. In particolare questi ultimi reinventano con britannico humour quel pop di tanti maestri passati, usando però l'ispirazione e non il fotocopiatore; così questa esotica cartolina dal mondo indiano visto dalla Terra d'Albione risulta uno degli album da possedere sicuramente. I Suede sono certamente più prevedibili, ma dopo le varie traversie della line-up si sono ripresi molto bene e "coming up" si ascolta molto meglio delle chiacchiere sui litigi dei fratelli Gallagher (meglio rivolgere il proprio interesse alle sorelle Carlucci...).
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

KORN "Life is peachy" - Epic

Non so se sia vera la storia del cantante dei Korn sul suo passato di medico legale, ma è certo che se pumpate up "sul serio" il volume, rischiate che Davis & soci la facciano a voi l'autopsia. Come definirli? Helmet più estremi? Moderni Killing Joke? Certo è che i Korn con il metal normalmente inteso non c'entrano niente (non inorridite "rumoristi" convinti...); la loro è una new-wave filtrata a Chernobyl nei suoi momenti di funereo splendore, servita con l'agghiacciante violenza dei troppi serial-killer portati ingiustamente alla ribalta in questi anni. I Korn sono i Joy Division con la voglia di uccidere e non di suicidarsi.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

JAMIROQUAI "Travelling without moving" - Sony

Viaggiare senza muoversi? Ne parlava già l'Ariosto ("Questo mi basta; il resto della Terra, senza mai pagar l'oste, andrò cercando con Ptolomeo, sia il mondo in pace o in guerra") ed anche Salgari dal nordest ultraleghista descriveva esotici mondi per quel "terun" di Sandokan, ma i viaggi il nostro amico con le corna, si sa, sono di ben altra natura. Involontariamente Jamiroquai è riuscito in un'impresa un tempo ritenuta impossibile: ha mischiato la disco più fighetta con il rock degli hippies. Il risultato è che gli yuppies sono passati dalla cocaina all'erba ed ora, purtroppo, non schiattano più. Musicalmente gli esiti sono anche più scadenti: motivi per sottofondi notturni in radio di terza categoria (quindi, più o meno tutte...) ma tenete presente che nel 2030 ci sarà gente che griderà al miracolo e pagherà questi dischi una fortuna, ditelo ai vostri nipoti... Tra un suol "de Trastevere" e l'altro il nostro c'infila un reggae in cui lui crederà d'essere Marley (sempre la storia dei viaggi...) ma in verità sembra un Eddy Grant qualsiasi.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

ICE-T "Return of the real" - Priority/Virgin

Il buon Tracy Marrow ritorna alla realta, ma, ci chiediamo noi, quando mai se ne era allontanato? Con quel nome. con quel carisma, con quel passato e, soprattutto, con la moglie che si ritrova, non gli conveniva scollegarsi dalla vita vissuta. E noi, visto che i "neri intelligenti" non ci fanno paura, al contrario degli stronzi di tutte le razze, siamo contenti di averlo dalla nostra parte della barricata, sia per la lingua tagliente che per la sua ottima mira. Per quanto riguarda le sette note, uno strano funky acido, più elegante e ruffiano, si fa strada a dispetto del suono cazzuto, ma assai standardizzato, di certo rap. Delinquente sì, ma sempre con stile.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

GALLIANO "4" - Talking Loud/Polygram

Non ve la prendete con Galiiano se l'acid-jazz è diventata la musica prediletta dei fighetti di merda. Del resto i cazzoni griffati non si sono neanche resi conto che qui di acid c'è poco e di jazz nulla. La musica di Galliano è un particolare caleidoscopio di suoni, perlopiù britannici, che quando si va a macchiare di nero può ricordare al massimo i Working Week. Non male, anche se noi preferiamo cose un po' più "forti", ma ogni tanto un semplice abbraccio può dare più gioia della pratica del fist-fucking.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

FASTEN BELT "Vivi il tuo tempo" - BMG

Un mio amico dice che non si può fidare di un gruppo punk che si chiama "cintura di sicurezza". Sbaglia, perché a lui piacciono i Nazzareno Impalato ed i Macinatori di Cadaveri ed anche perché i Fasten Belt non fanno punk. Sembrano una versione bubble-gum di Ligabue, ma non per questo sono da fucilare, almeno per me che sono contrario alla pena di morte. Certe canzoni sono orecchiabili e fischiettabili, ma resta il fatto che in Italia (non solo ultimamente...) si continuano a fare esclusivamente dei filmini, dei libriccini, dei concertini e, naturalmente, dei dischini. "Vivi il tuo tempo" non sfugge alla regola e si adagia su un antico suono "beat" leggermente modernizzato. E i testi? Come diceva uno che di versi se ne intendeva: "non ti curar di loro...".
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

EINSTURZENDE NEUBAUTEN "Ende neu" - Our choice/Mute

Blixa e soci non fanno più paura e loro lo sanno. Ormai però quasi più nulla fa paura, dalle svastiche che i ragazzi allegramente disegnano sui loro zainetti, alle tasse con cui il governo ci succhierà la tredicesima (...avercela la tredicesima... avercelo un lavoro...). Il mondo è cambiato e gli Edifici Nuovi Non Crollano Più, anche perché tutti i cantieri sono chiusi per tangenti. Grandi artisti gli EN: quando fanno un disco in cui credono poco, lo fanno assomigliare ad un lavoro di altri, così la colpa non ricade su di loro. Ecco allora che ascoltando "Ende Neu" pare di trovarsi di fronte ad una delle ultime opere degli Swans (R.I.P., ma ne riparleremo...) che non è esattamente un difetto, ma certamente una sorpresa. Disco valido ma di transizione e, come si dice sempre in queste occasioni, se iniziate ora ad ascoltare gli EN (ma dove eravate fino ad oggi?) non partite da qui.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

NENEH CHERRY "Man" - Virgin

La bella Neneh intitola un disco "uomo". Perché? Si sono chiesti in molti. Ce ne fregasse qualcosa, diciamo noi. L'avesse intitolato "Merda" o "Baricco" (che strano parallelo...) sarebbe stata la stessa cosa. Neneh si ama per quello che è, non solo per il cognome che porta. Ora che il patrigno Don ci ha lasciati, forse la figlioccia ha voglia di affermare tutta la sua capacità di andare avanti da sola. C'è una forza sotterranea in questo disco, fra le pieghe anche di brani leggerissimi o ripetitivi, una potenza degna di Tyson (il pugile, non sua figlia...) ed una grazia degna di Naomi Campbell, a cui noi continuiamo a preferire la madre. Già... figli e genitori... buon sangue non mente.
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

CARDIGANS "First band on the moon" - Stockholm/Polydor

Aveva ragione un mio amico che abita in un'altra galassia, dicendo che noi terrestri siamo proprio strani. Quando Colombo andò in America era arciconvinto di trovarsi in India ed ora spediamo i Cardigans sulla luna per rappresentare la nostra musica pop, senza chiedere niente a Michael Jackson che si voleva comprare lo Shuttle per girarci in giardino. Forse, ora che ci penso, allo showman da camera iperbarica l'hanno domandato, ma lui ha declinato l'invito essendo al corrente che sulla luna non ci sono adolescenti (ve lo ricordate Baudelaire: "fresche carni di bimbo..." o era Verlaine? Ah, maledetti 'sti maledetti!). Il guaio è un altro: i Cardigans dalla luna sono tornati e ci hanno fatto ascoltare il loro nuovo album, dove si spaccia la pochezza per amenità. Ecco allora che se l'anno passato, ascoltando il loro primo disco, un sorrisetto di compiacimento mi compariva sulle labbra, questa volta la sorpresa è completamente svanita. Il modello di riferimento sono le Go-Go's della mia adorata Belinda, ma quello è un altro pianeta, altro che la luna!
"da Jammai nr. 14 - 11/96"

BECK "O-delay" - Geffen

Beck è un artista utile. Serve per mandare ogni tanto a fare in culo la critica-che-conta che adotta artisti del genere (poveri cuccioli...) e li spaccia per dei geni, solo perché vagamente bizzarri. "O-delay" è un disco noiosissimo e, se ascoltato i auto, capace di alzare vertiginosamente gli incidente stradali per colpi di sonno. Con Beck vale il discorso di Sacchi: forse noi comuni mortali non siamo in grado di capirne l'inventiva, ma poi ne subiamo le nefaste conseguenze. Eccoci di fronte ad un mezzo hip-hop da "slacker" in mezzo a voci telefoniche, carillons, orsetti pelouche ed ogni tanto qualche chitarra distorta per farci vedere quanto è alternativo. Beck ha scoperto un simpatico armamentario demodè nella soffitta del rock americano ed ogni tanto scende da lassù per farci partecipi delle sue scoperte. Il problema è che noi siamo allergici alla polvere.
"da Jammai nr. 14 - 11/96

STONE TEMPLE PILOTS "Tiny music... Songs from the vatican gift shop" - Atlantic

Ci provano tutte le volte a farci credere che gli stontempolpailots siano una grande band. Sicuramente i commercialisti dell'Atlantic saranno di questo avviso, ma noi no. Ascoltando quest'album, dal titolo lunghissimo ed imbecille, sono gli Eagles i primi a venirci in mente ed in seguito tutti quei luridi cocainomani della west-coast , non tanto per le sonorità quanto per il massacro perpetrato, allora come oggi, al patrimonio del rock statunitense. Gli STP non sono la peggiore band americana, ma la più inutile.
"da Jammai nr. 13 - 09/96"

PATTI SMITH "Gone again" - Arista/BMG

Perchè il rock è “arte” e non una colonna sonora qualunque per deficienti brufolosi? Perchè il rock è “vera arte”, mentre le esibizioni-confetto di Pavarotti (a proposito: ai bimbi di Sarajevo non pensate sia bastata la disgrazia di quattro anni di guerra?) hanno lo stesso sapore falsamente dolciastro delle vicine di casa di Wynona Ryder in “Eddie Mani di Forbice”? Perchè il rock è vita. Vita autentica ed il rock, come la vita, nell’attimo stesso in cui pensi sia finito, sia morto, te lo mette in culo e ritorna, più forte di prima. Tornare a vivere: ecco il significato di “Gone again”. Tornare a provare quelle sensazioni, leggendo poesie, guardando le foto di Robert, ascoltando la musica, così vecchia, ma già così nuova, di Fred. Intanto gli anni passano e figli ogni giorno chiedono dov’è papà e mica gli puoi raccontare sempre la stessa storia di chi è andato in cielo, però puoi chiederlo agli angeli, se ti rispondono. Qui però si vedono solo cannibali che entrano in casa, guardano la magra Patti cinquantenne, osservano il pallore di Tom-con-il-cognome-da-poeta e dicono che una volta andava meglio... ma una volta era tutto migliore, c’erano migliaia di persone negli stadi ad ascoltare ed oggi viene poca gente. C’era Robert e Fred e tutti gli altri, c’era vita, c’era rumore. Oggi c’è solo “Gone again”, il resto è silenzio.
"da Jammai nr. 13 - 09/96"

MOTHER HIPS "Part-timer goes full" - American

Non vedo perché questo disco non debba aver successo dalle nostre parti. Rocchettino and rollettino anni settanta (il più amato dagli italiani) capace di provocare erezioni giusto a quei giornalisti cinquantenni che infestano le riviste di armani-blues od i dibattiti sul rock in tv (quando il solito vescovo in arteriosclerosi mistica dice che si tratta di musica del diavolo...). Una parte di gretfulded, una di progressiv, allungare con tanto rollingstons ed eccovi... la solita broda!
"da Jammai nr. 13 - 09/96"

METALLICA "Load" - Mercury/Polygram

Ci aspettavamo la terza chiavata, dopo Ministry e Soundgarden, invece i Metallica, ci regalano un prodotto di straordinaria classe e stile, in perfetta sintonia con il precedente fantastiliardario album-nero. Avreste voi rinunciato a dieci milioni di dollari in nome dell’arte? Si? Poveri coglioni (nonchè ipocriti), imparate dai Quattro Cavalieri almeno come si riesce a conciliare il bisness con l’inventiva, anche se questo “Load” non è un capolavoro. Il problema non è dei Metallica in ogni caso, ma proprio nel genere; oggi infatti possiamo sostenere che dopo lunga e penosa malattia, l’heavy-metal è morto. Resta solo il noise del dopo-bomba ed il lancinante e rumoroso dolore delle megalopoli. Come sempre restano in piedi i Maestri ed i Martiri, i Metallica sono sicuramente fra i primi, anche perchè il loro suono è solamente il “loro suono”.
"da Jammai nr. 13 - 09/96"

DEAD CAN DANCE "Spiritchaser" - 4AD

Diciamolo subito: non è un capolavoro. Cioè, lo è, ma non del calibro di “Into the Labirynth”. Il mondo dei Dead Can Dance poi o lo prendi per quello che è, come il cinema di Jarman, come la pittura di Bosch, come il gioco dei calciatori slavi, oppure lo rifiuti in blocco. A me piace molto, non ho mai considerato Perry e la Gerrard due sfigatoni dark, come alcuni vogliono farli passare, nè due tristissimi artisti di pop intellettuale, bensì due voci (e che voci...) di un mondo poetico arcaico, non vetusto, che tutt’oggi aleggia per il pianeta. Il loro linguaggio è l’immortalità malinconica della bellezza e con i funerali, nonostante il nome, non c’entrano nulla.
"da Jammai nr. 13 - 09/96"

SOUNDGARDEN "Down on the upside" - A&M

Se c’è una cosa che mi da’ fastidio è essere d’accordo con Claudio Sorge. Lui se la prende con i Soundgarden perchè non vanno più a farsi una birra con lui, ma può sempre uscire con i Pogues ed offrire da bere lui, così avrà finalmente un buon motivo per piangere.
Cornell parla male dei Nirvana e di Seattle e dice di capire che le uniche novità arrivano dal mondo della musica elettronica; questo disco non sfoggia synth ed è un vero peccato, perchè almeno ci potevamo fare due risate, mentre qui versiamo lacrime su una delle più grandi formazioni che abbiamo ascoltato negli ultimi dieci anni. Le canzoni non sono neanche male, ma dopo averle ascoltate dieci volte, non lasciano tracce. Sembrano un gruppo come tanti e non è un gran carriera; anche la voce di Cornell non è potente ed altera come in passato. Che si rendesse conto della pocheria (o porcheria?) che stava realizzando?
"da Jammai nr. 12 - 07/96"

PROZAC + "Testa plastica" - Vox Pop /// SOON "Scintille" - Black Out/Mercury

A vederli la figura dei somari la facevano i Prozac +, con quelle facce di chi ripete per due volte di fila la prima superiore, mentre i Soon erano “visually correct”, apparentemente pronti a sfoderare una classe da veri outsiders. Capita poi che metti su i due cd (non contemporaneamente perchè il lettore sennò li spacca) ed il mondo si capovolge. Accade allora che con i Prozac ti diverti sul serio, le canzoni ti restano in testa, cosa fondamentale per ogni pop-band, pensi che non ci sia nulla di nuovo sotto il sole, ma i ragazzi sono giovani e questa è solo l’esordio e certe idee, se portate avanti potranno dare belle sorprese in futuro. In più se questa fosse la musica “commerciale” piuttosto che la roba dei pompinari che vanno a Sanremo, ci sarebbe da stare allegri. Quando tocca ai Soon pensi subito ad uno scherzo, anche perchè c’è chi ha sprecato il suo tempo a spendere parole di elogio su di loro, ma in verità si tratta solo di un disco dello Zecchino d’Oro suonato con il distorsore. Potete prendere i produttori inglesi, americani od anche da Plutone, ma non trasformeranno mai l’ottone in oro. Si parla già (che fantasiosi...) di duello italiano stile Blur/Oasis, io ho già scelto...
"da Jammai nr. 12 - 07/96"

PRONG "Rude awakening" - Epic

I Prong dedicano questo loro disco ai militanti di Forza Italia, visti all’indomani delle elezioni. “Brusco risveglio” è anche per coloro che da anni spernacchiano i Prong, perchè una volta non sono abbastanza industrial, un’altra volta non abbastanza metal, dimenticando che loro certe intuizioni le hanno avute prima di altri che oggi passano per dei capiscuola.
"da Jammai nr. 12 - 07/96"

MANHOLE "All is not well" - Noise /// RAGE AGAINST THE MACHINE "Evil empire" - Epic

Disco innocuo quello dei Manhole (ma è proprio il genere “crossover” ad essere innocuo...) che però ha il merito di non essere palloso quanto quello dei RATM. Spesso le band vengono accostate, ma è la stessa Tarrie B (molto carina anche se è alta un metro ed un barattolo) a prendere le distanze e come darle torto, visto che i RATM replicano da due album sempre la stessa canzone. “L’Impero del Male” è anche quello della critica che incensa questi cafoni con la chitarra elettrica, solo perchè “dalla parte giusta”. A noi degli studi sociologici di Zack De La Rocha (ma si chiama veramente così? Come pseudonimo era meglio Don Diego De La Vega) non ce ne frega un cazzo, del resto anche Pippo Baudo è laureato in scienze politiche.... Vogliamo sì dischi potenti ed affilati con testi pregnanti, ma la fantasia è ancora un ingrediente imprescindibile dell’arte, così se con il cuore siamo con gli zapatisti, con le orecchie siamo da un’altra parte.
"da Jammai nr. 12 - 07/96"

KIILING JOKE "Democracy" - Offworld/Flying

Lo scherzo che uccide, non uccide più e fa solo ridere? Probabile. Certo i tempi del primo album sono lontani, troppi Helmet sono passati sotto i ponti. Chi li ha visti dal vivo poi c’è rimasto male ed ha parlato di patetici reduci di un’altra epoca. A sentire questo disco l’impressione è un’altra, leggermente diversa. I Killing Joke sicuramente, non contribuiscono più al rinnovamento musicale, ma non è lo stesso difetto del brit-pop, che tanto piace a tanta “intellighenzia” musikofila? Da ascoltare con un certo rispetto....
"da Jammai nr. 12 - 07/96

BIG SUGAR "500 Pounds" - Silvertone

Stevie Ray Vaughan è seppellito sotto un buon metro di terra fresca, come direbbe Tex Willer, ma in tanti provano a rinverdirne i fasti. Se però il maestro texano era un mago, questi "Zuccherone" sono dei prestigiatori da tv privata dell'Oltrepo' pavese. Loro s'impegnano non poco a dire il vero e faranno sicuramente la gioia degli aficionados dello "shuffle" (anche perchè in giro ci sono ben poche alternative) ma se fossero italiani non andrebbero oltre qualche comparsata in festivalini dell'Unità in provincia.
"da Jammai nr. 12 - 07/96"

Concerto Fear Factory - Manhole - Drain / Made in BO del 28/05/96

Sempre più raramente vado ai concerti, avvenimenti sudaticcio/mondani, ormai superati dal correre dei tempi. Una volta i rockettari erano dei zozzoni con cui nessuno aveva voglia di averci a che fare, ora a vedere i “terribili” Public Enemy ci trovi la Parietti e mentre ti sdilinquisci per le ballate di Neil Young, ti trovi a fianco Veltroni che ti piange su una spalla; se proprio ti va male, finisci che assisti ad un concerto blues in compagnia del razzista Bobo Maroni. Fortunatamente a vedere i Fear Factory non si correva rischio di incontrare nessun VIP, anche perchè si trattava di live-act “politically scorrect”, per nulla in sintonia con il merdoso buonismo di questi tempi, questo già mi faceva sentire meglio, in più i Fear Factory sono, oggi come oggi, una delle più grandi rock-band del mondo. In apertura i Manhole hanno confermato, le buone impressioni del disco da poco uscito; certo il crossover è una bella palla, ma loro riescono almeno a renderlo più digeribile con simpatiche variazioni sul tema. Le Drain sono una band svedese tirata su a pane ed Alice in Chains; il fatto che siano quasi tutte donne, inaspettatamente non è passato inosservato (vedi il coro dei presenti: “o-le-le-o-la-là, faccela vedè-faccela toccà”) ma anche il loro sound non è dispiaciuto. Forse le canzoni più brevi ed uno spirito grunge meno marcato, le avrebbero rese più brillanti e poi le donne dietro alla batteria restano una maledizione.... Tutto pronto per quel simpatico pacioccone di Cazares? Certamente. La folla lo invocava a gran nome (Dino! Dino! manco fosse Zoff alla finale del mondiale!) e lui non si è risparmiato. Corpi madidi di sudore, parole come proiettili ed anime delle macchine da cui gronda sangue. Questo è il rock moderno, il resto è roba da sagra paesana. Alla fine ero straordinariamente carico e felice. Non mi accadeva da un pezzo....
"da Jammai nr. 12 - 07/96"

WHIPPING BOY "Heartworm" - Columbia

E' pazzesco, ma in tutti i dischi che mi è capitato di ascotlare in questo periodo ho trovato, in un modo o nell'altro, un forte richiamo al passato. Questo non è un male assoluto, ma non fa sperare certamente bene. Del resto è impossibile trovare qualcosa che sia completamente nuovo e se lo trovassimo saremmo così spiazzati da rifiutarlo in blocco. La cosa allucinante è che nella maggior parte dei casi si tratta di lavori egregi, ma alla fine dell'ascolto resta la leggera sensazione di essere stati presi per il culo. I Whipping Boy ci riportano agli inizi degli anni ottanta, quando le suggestioni della new-wave inglese (qui Echo & the Bunnymen in testa) erano fra le migliori del mondo. Certo a me fa molto piacere, per ragioni anagrafiche, ascoltare tutto ciò e "Heartworm" si segnala anche per alcune canzoni molto belle, ma alla fine la sensazione resta la stessa.
"da Jammai nr. 11 - 05/96"

TRULY "Fast stories... from kid coma" - Capitol

Un autentico capolavoro... se fosse uscito nel 1973! I Jefferson Airplane sono lì dietro l'angolo, sempre che a loro sia rimasto qualche neurone sano. Così come tanta musica realmente hard degli anni sessanta/settanta (i mai dimenticati Blue Cheer ed i mai veramente riscoperti Grand Funk) o tanta altra degli ultimi tempi (dobbiamo ancora parlare del nord-ovest?) è finita in questo calderone straordinario, ma assolutamente privo di novità. Tanti colori, tanti aromi, tanti richiami. Esplosioni che si succedono. Forse è la fine del rock'n'roll... oppure un nuovo inizio.
"da Jammai nr. 11 - 05/96"

SELF "Subliminal plastic motives" - Zoo/BMG

Un uomo che si è fatto da sè... un uomo che ha fatto tutto lui... ma non possiede quasi tutte le tv italiane e non si è mai iscritto alla Loggia P2. Un uomo che canta e suona solamente (con l'aiuto del fratello a dire il vero) e l ofa particolarmente bene. Niente partito-azienda dunque e neanche partito per un viaggio come il quasi collega Beck, personaggio assai sopravvalutato a suo tempo. Niente session-men di lusso, solo le proprie mani. Solo delle belle idee di pop in salsa grunge che possono fare la gioia di voi rocchettari incalliti come quelli della vostra sorellina, ancora sconvolta per la prematura fine dei Teiczet.
"da Jammai nr. 11 - 05/96"

IGGY POP "Naughty little doggie" - Virgin /// LOU REED "Set the twilight reeling" - WB

Fino a poco tempo era giusto considerare gemelli Iggy e Lou. A capo di due formazioni leggendarie (di cui ovviamente non faccio i nomi), rovinati fino alla morte entrambi agli inizi degli anni settanta e poi resuscitati dallo stesso Duca con cui si sono inchiappettati tutti e due. Ri-rinati alla fine degli anni ottanta con cure di ruvido r'n'r al posto del Gerovital. Le analogie sono effettivamente troppe, ma negli ultimi tempi qualcosa non ha funzionato. Infatti se Reed (ma è vero che si scopa Laurie Anderson? Pennello, tu che sei un divoratore di cronaca rosa, ti prego fai luce su questo inquietante particolare!) ha cercato e trovato una nuova forma espressiva, molto personale, dove convogliare tutte le sue asprezze, l'iguana meno amato dagli ambientalisti si è invece adagiato mollemente sulla sua retorica figura di tossico reduce. Certo "Naughty little doggie" suona bello potente, con anche alcune interessanti invenzioni, ma alla fine risulta la solita mattonata del tipo: "ahogguarrdaacinquantannisonaticomerompoerculoatuttistiregazzini!!!". Meno decibels, ma certo non minor durezza da parte di Reed anche se non mi sento di consigliare questo disco a tutti, soprattutto se non avete nulla di suo in casa (ma se non avete nulla di Lou Reed in casa autopunitevi per vergogna ascoltando un disco dei CSI...). Ormai solo Woody Allen ha prodotto così tante elegie niuiorchesi, ma certo lui con la sua merdosa band di jazz non avrebbe potuto comporre un brano come "Sex with parents".
"da Jammai nr. 11 - 05/96"

LOOP GURU "Catalogue of desires vol. 3" - North South

Sfornano dischi in continuazione questi internazionalisti-multimedialisti, etnoemozionatori dell'uomo che verrà e questa volta sfoggiano addirittura un "Catalogo dei desideri". Che ci avranno inserito? Un bel tredici miliardario? Lo scudetto? La pace nel mondo? La Ferilli e la Koll ad attendere lì, nello stesso letto? La scomparsa dell'AIDS? Nessuno può saperlo, perché come sempre la loro musica è avvolta nel mistero, nei sapori sconosciuti di una cultura che ha tremila anni, ma si sposa perfettamente con l'armamentario futurologico di questi tempi. I momenti meditativi questa volta superano di gran lunga quelli danzerecci ed a tratti l'ascolto si fa difficile, ma forse è giusto che sia così. E' ora di meditare seriamente sul fatto che il mondo è uno solo... in culo ai secessionisti...
"da Jammai nr. 11 - 05/96"

NICK CAVE & THE BAD SEEDS "Murder ballads" - Mute

Nicolo Grotta un grande artista popolare? Perché no... Non però popolare alla stessa maniera di Albano o Renato Zero (a proposito, nota di colore, lo sapete quanto chiede il Sorcione per i posti in platea? Centodiecimila kire per le prime file, ottantotto per le altre! Fortuna che è un artista popolare e non d'elite, altrimenti ai suoi fans toccava andare a dar via il culo... ed è quello che noi lo invitiamo a fare...) Tornando ai Semi Cattivi, da non confondere con i Cattivi Scemi, che partecipano ad "Amici di sera", potremmo dire che hanno sempre cantato "ballate assassine", quindi se vogliamo la vera sorpresa è nella scelta degli ospiti che vanno da PJ Harvey a Sua Ebbrezza Mc Gowan fino alla divetta Kylie Minogue (a cui spetta fra l'altro il brano più bello). Dire che si tratta di un disco oscuro è quasi ironico, "black humour" se vogliamo stare in tema. Dire che si tratta di un disco da acquistare dipende da voi, ma se pensate che Cave voglia portare sfiga, ricordatevi che chiude il suo lavoro con un brano che s'intitola "Death is not the end" (cover di Dylan ndr) e questo può anche voler dire che il prossimo ospite sul nuovo lavoro potrebbe essere un certo Karol....
"da Jammai nr. 11 - 05/96"

BRAINIAC "Hissing prigs in static couture" - Touch and Go

Lì per lì mi ero eomozionato. Ritorno al futuro: punk (quello vero, non quello dei ventenni di oggi e neanche quello dei kuarantenni di oggi, vedi il ritorno dei Secspistols, ai quali questa volta, quando sputeranno sul pubblico, partiranno anche le dentiere...) poi new-wave, the original, primi Devo, primi Pere Ubu addirittura. Distorsori ed abrasività assortite. Mi ero eomozionato, poi ho aspettato un po' e l'ho riascoltato. Tragica scoperta: ci sono cascato anch'io! Mi sono ritrovato ad incensare una musica che non propone nulla di nuovo, poi mi sono detto: "ma chi se ne frega?" e sono tornato a divertirmi.
"da Jammai nr. 11 - 05/96"

AUTEURS "After murder park" - Hut

Da qualche tempo il miglior pop inglese lo fanno gli svedesi ed il miglior reaggae lo fanno a Torino, ma gli Auteurs si sono sempre distinti nella scena britannica come ottimi fabbricatori di dischi graziosi, anche se non hanno mai fatto un vero e proprio miracolo. Neanche questa volta ci riescono (perchè, è forse il caso dei Pulp o dei Gene?), ma il loro nome è sempre da tenere d'occhio, soprattutto se la piantano d'inserire tra le loro pepite ("Married to a lazy lover" è una delle canzoni dell'anno... ) qualche scontrino del megastore Lennon-Mc Cartney.
"da Jammai nr. 11 - 05/96"

AFGHAN WHIGS "Black love" - Elektra

Bell'idea fondere la musica bianca e quella nera senza realizzare nulla che si possa definire "crossover". Gregg Dulli c'è riuscito, beato lui e beati noi che ci becchiamo questo "neroamore" e finalmente respiriamo aria pura, ci sentiamo più belli e ci commuoviamo per quello che sarà sicuramente ricordato come uno dei dischi più belli dell'anno. A volte sembrano i Soundgarden alle prese con "Saturday night fever" ed in alcune canzoni compare l'odiatissimo (da me) piano elettrico Rhodes, ma l'entusiasmo per questa musica aumenta ogni giorno. Complimenti.
da Jammai nr. 11 - 05/96

SEPULTURA "Roots" - Roadrunner

Radici?! In effetti potrebbe trattarsi della giusta visione del mondo per una band che inneggia all'interramento già nel nome che si è scelto. Qui comunque, si parla proprio di quelle "radici" , quelle stramaledette "radici" che ogni tanto qualcuno tira fuori per motivare seriamente il proprio lavoro, anche se poi fa musica da Festivalbar . Questo vale per Mario Merola che per Bruce Springsteen (a proposito Pennello, avevi ragione a dire che un deficiente, altrimetni non andava a Sanremo. Ho già provveduto a bruciare tutti i suoi dischi) ed ora, incredibile ma vero, anche i discepoli degli Slayer fanno scomparire l'odore di nazismo dei padri putativi, spalancando le finestre sul politcallicorrect. Ecco brani dedicati a Chico Mendes ed altri in compagnia di indios amazzonici (pallosissimi, ma tranquilli... non c'è traccia di Sting!). Solo gli allocchi possono credere che questa sia una svolta per il metal, ma è sicuramente un primo passo per il suo svecchiamento, anche perché sono della partita (i Sepultura sono tifosi dell'Inter, saranno contenti i Boys, tanto per stare a destra) Mike Patton ed elementi dei Korn, cioè alcuni dei creativi più fertili del sound estremo.

MORRISSEY "Southpaw grammar" - BMG

Brani inspiegabilmente lunghissimi ed ossessivamente ripetitivi. Assoli di batteria recuperati dagli infausti fasti di Emerson Lake & Palmer. Evidentemente, mentre tutto il brit-pop punta al recupero del materiale alto del rock inglese (dai Kinks ai Buzzcocks, fino ai suoi Smiths) lui, per distinguersi dagli altri come sempre, ha rovistato in mezzo alla merda ed ha centrato l'obiettivo, perché "Southpaw grammar" è una cagata. Il disco peggiore di Morrissey e ve lo dice uno che ha amato Moz almeno quanto a Napoli hanno amato il grandissimo Diego Armando.
"da Jammai nr. 10 - 03/96"

MINISTRY "Filth pig" - WB

Tra questo nuovo album ed il precedente "Psalm 69" c'è la stessa differenza che corre tra Pennello e Claudia Schiffer (messer Meli è molto più simpatico...) e dispiace dirlo, ma l'ultimo lavoro non entusiasma. Peccato perché con le elezioni che si avvicinano, un disco che s'intitola "lurido maiale" ci avrebbe sicuramente fatto comodo. Qualche buona intuizione, tante ingenuità e stpidaggini da metal-band qualsiasi, come la cover dylaniana, dove riescono ad essere trasgressivi quanto i varietà televisivi con Pippo Franco (quelli di adesso, una volta era tutta un'altra storia...). In poche parole: una delusione.
"da Jammai nr. 10 - 03/96"

LOOP GURU "Amrita" - North South

Sapete che esiste una discoteca della mente? Forse esiste solo nella mia mente, perché sono completamente rintronato, ma mi piace pensare che esista un club dove la gente far scendere in pista il meglio di sè stessa e non, come accade abitualmente, tutta la propria letale sete di rivincita nei confronti del mondo che ha avuto solo il torto di non accorgersi di noi. In un posto del genere (chissà perché mi viene in mente "Exotica" di Egoyan... non l'avete visto? Allora vi meritate proprio "Killing Zoe" ed "I soliti sospetti"...) la musica deve essere multicolore ed il beat deve andare a tempo con il nostro cuore e non con il (vostro, perché io non ce l'ho di certo...) Rolecs. Le note non devono avere confini. I Loop Guru non sono europei, né asiatici, né americani, né africani, né aborigeni, oppure sono tutto questo insieme. Che siano di Atlantide?
"da Jammai nr. 10 - 03/96"

GOD LIVES UNDERWATER "Empty" - American/BMG

Se qualcuno di voi, urtando con il ginocchio lo spigolo di un tavolo, ha visto la Madonna in bicicletta, mediti su questi pensilvanici (si chiameranno così gli abitanti della Pennsylvania?) che credono che Dio viva sottacqua. Indipendentemente dalle visioni religiose questo è uno dei dischi più belli dell'anno appena trascorso e, come al solito, non se ne è accorto nessuno. La cosa è strana è che alla produzione c'è Rick Rubin, non propriamente uno sconosciuto. Rock diamantino con utilizzo di suoni più low-tech che low-fi. Non provavo un'emozione così forte da molto tempo.
"da Jammai nr. 10 - 03/96"

JULIAN COPE "20 mothers" - Echo

A forza di usare sostanze che espandono la mente il buon Giuliano si è convinto, diversamente da noi, che di mamma non ce n'è una sola, bensì venti! E le ha messe tutte in copertina, compresa la sua, che è riconoscibilissima. Se con titoli e packaging (bellissimo quello del doppio vinile) riesce ancora a sorprenderci, la sua musica è meno coinvolgente. Forse perché è più felice o meno sconvolto, ma le quattro fasi del suo lavoro (ormai un classico, sia suo che degli esami per la patente) portano ad una quinta fase: quella dell'appannamento.
"da Jammai nr. 10 - 03/96"

BOSS HOG "Boss Hog" - Geffen

In molti dicono che questi ulteriori trasfughi dei Pussy Galore, lavorando ai fianchi il trito e ritrito recupero delle radici, abbiano realizzato una delle opere più eccitanti degli ultimi mesi. Gli X allora chi erano, i Cavalieri dell'Apolalisse? ...ed i Cramps? Certo il disco è amabile e la cantante (maritata, guarda caso, con Jon Spencer) è quella che anche il Leopardi avrebbe definito una bella gnocca, ma solo in una scena musicale così avvilente come quella di questi tempi si poteva gridare al miracolo per un prodotto così.
"da Jammai nr. 10 - 03/96"

MASADA "Hei" - Union

Dalla fortezza/Masada Zorn torna all’attacco del jazz e della musica etnica comunemente intesa. Non è operazione terroristica come altre in passato, ma la continuazione di un lavoro di ricerca e modernizzazione della cultura yiddish, attraverso pratiche armolodiche di colemaniana memoria. Solo Zorn poi poteva far uscire il quinto disco dopo altri tre, creando come al solito un bel po’ di caos. Indubbiamente interessante anche se i lavori che hanno preceduto “Hei” erano forse più incisivi.
"da Jammai nr. 9 - 01/96"

VELVET UNDERGROUND "Peel slowly and see" - Polygram /// THE BEATLES "Anthology" - Apple/EMI /// ROLLING STONES "Stripped" - Virgin

Lo so che sono il solito rompipalle/revivalista, ma il cofano dei Velvet vorrei consigliarlo a tutti coloro che si credono troppo bravi. Da ascoltare in ginocchio, mentre si chiede perdono, per la propria arroganza. Goodbye Sterling. Riascoltare i Beatles invece è come rivedere i goals dell’Italia al Mundial 1982: si viene avvinghiati da un gioioso sentimento di nostalgia. Alternative takes, different version, urletti delle fans, brani assurdi (The Fab Fours plays “Besame Mucho”!) e dichiarazioni più o meno famose vi scaraventeranno indietro nel tempo, in piena Beatlemania. Le idee però sono sempre attuali, visto che una delle canzoni più belle di questi giorni, “Free as a bird”, ha quasi vent’anni. Per quanto riguarda “Stripped” invece metteteci una pietra, casomai rotolante, sopra. L’operazione è simile a quella dei Baronetti, cioè rastrellare più denaro possibile, ma mentre “Anthology” recupera vecchio materiale polveroso, ma prezioso, qui ci troviamo di fronte all’ennesimo inutile live registrato di recente da Jagger e soci, dove fanno la solita figura da infartuati degli ultimi dieci anni. Del resto, se si è rotto i coglioni Bill Wyman, perchè dovrebbe andare diversamente a noi, che i soldi manco li incassiamo? Ricordando i sixties: fareste uscire vostra nonna con un Rolling Stone?
Firmato: NOSTALGIC O’HARA
"da Jammai nr. 9 - 01/96"

BRUCE SPRINGSTEEN "The ghost of Tom Joad" - Columbia

Del Boss si è detto di tutto. C’è chi lo ama a tal punto da incensare, anche sotto tortura, i due ultimi, orrendi album; c’è chi invece lo odia solo perchè odia tutto quello che è americano; c’è anche chi sostiene che sembra un deficiente. La colpa di Springsteen in verità, è solo quella di aver frequentato negli ultimi tempi della gentaccia come Sting; così ad un certo punto della sua vita, fra un matrimonio e l’acquisto di una villa in California, si è messo in testa di diventare un divo pop. Ora però ha sentito il “richiamo della tempesta” quella che s’intravedeva dal parabrezza sulla copertina di Nebraska ed è tornato ad occuparsi di quell’America minore che poi gli ha dato i natali. Un’America che è minore per modo di dire, visto che gli emarginati delle sterminate periferie statunitensi sono sicuramente più numerosi dei bastardi cocainomani di Beverly Hills (90210?). Da ascoltare anche per evitare al folk quella morte per asfissia, che gente come i Gang gli sta provocando.
"da Jammai nr. 9 - 01/96"

SKUNK ANANSIE "Paranoid & sunburnt" - One Little Indian/Virgin

Gli “scancanansi” non sono delle offese in friulano, ma il tipico caso di abbaglio alternativo. In pratica quando si ha la giusta immagine aggressiva/trasgressiva si può aspirare ad un ruolo di nuova grande promessa underground, soprattutto in questo periodo, in cui le vere novità latitano. Ecco allora questa scoreggina crossover, viene presa da un mucchio di gente (Kerrang compreso) come la musica del futuro. La cantante che a vederla sembra la sorella scema di Sinead O’ Connor ed a sentirla la cugina afona di Antonella Ruggiero, una volta con i seminali Matia Bazar, è stata paragonata da atei blasfemi (ma soprattutto sordi) a Janis Joplin. Mentre sento uno strano rimestio nel cimitero di San Francisco non posso far altro che consigliarvi di investire più adeguatamente il vostro denaro.

FLAMING LIPS "Clouds taste metallic" - WEA

La pazzia di questa band è veramente contagiosa. Chiunque li ascolti con un po’ di attenzione, non può fare a meno di chiedersi perchè li ascolta, per poi farsi risucchiare dal vortice di assurdità che, come sempre, parte già dai titoli delle canzoni. Chi invece si è trovato a doverli valutare, non ha avuto minori problemi, non riuscendo quasi mai a capire dove finiva la classe e dove iniziava la stupidità. Ecco allora che i Flaming Lips sono stati incensati troppo in passato, come oggi vengono snobbati; proprio quando riescono a realizzare il loro album più scorrevole, forse anche per la straordinaria vena di stampo beatlesiano che lo caratterizza.
"da Jammai nr. 9 - 01/96"

CYPRESS HILL "III (Temples of boom)" Ruffhouse/Columbia

Ecco cosa succede a farsi delle canne grosse come palme da cocco, perchè a differenza di Clinton questi il fumo lo mandano giù e si sente. Ora che nel rap c’è rimasto poco di interessante, questi “fumati” sono quasi gli unici a mantenere alto il vessillo dell’hip-hop. Scandiscono le classiche rime su una base acida e straniante che arriva fino alle soglie del “bad trip” per arrestarsi giusto un attimo prima. Un inquietante caleidoscopio che, tra fumi d’oppio e d’arma da fuoco, stordisce.
"da Jammai nr. 9 - 01/96"

EDWYN COLLINS "Gorgeous George" - Setanta/London

Il video di “A girl like you” è stato un tormentone su MTV, al pari di quello di Meat Loaf che invece è da premiare come clip più brutto e più idiota di sempre. Collins ha un passato in un gruppo che si chiamava “aranciata” ed un futuro stranamente incerto. A sentirlo potresti giurare che è un clone del Bowie più glam, a volte lo vedresti bene con il cappellaccio da vaccaro di Dwight Yoakam; insomma non propriamente un uomo equilibrato. C’è solo da consigliargli di presentarsi con una personalità più forte la prossima, perchè in certi momenti le sue intuizioni sono notevoli.
"da Jammai nr. 9 - 01/96"

CARDIGANS "Life" - Trampolene/Stockholm

Un nuovo genere spunta all’orizzonte: il rock’n’roll-Bardot, con la cui grazia di una ninfetta degli anni sessanta, si piegano tutte le brutali asprezze del mondo moderno e con una faccia come il culo, si coverizza “Sabbath Bloody Sabbath” con lo xilofono. Nulla di particolarmente eclatante, ma piacevole, a testimonianza del fatto che, negli ultimi tempi, il pop inglese più fresco, non arriva dall’Inghilterra.
"da Jammai nr. 9 - 01/96"

BRUJERIA "Raza odiada" - Roadrunner

Qual’è la “Raza Odiada”? I gobbi per gli ultrà della Fiorentina? Gli ebrei per i musulmani e viceversa, ma non solo, vista la fine di Rabin, il grande uomo di pace che, ricordiamolo, voleva spezzare le braccia a tutti i ragazzi dell’Intifada? I serbi per i bosniaci, i bosniaci per i croati, quelli della Rai per quelli della Fininvest (senza dimenticare Cecchi Gori)? Insomma perchè in ogni angolo del pianeta scoppia una rivolta o una guerriglia od un conflitto? Perchè in ogni parrocchia si parla di pace universale ed ogni politico importante parla di fratellanza fra i popoli, poi uno è disposto a scannare il vicino, solo perchè porta i calzettini blu sulle scarpe marroni (colpa grave in effetti). I Brujeria fanno dunque musica “odiosa”, proprio perchè frutto di tanto odio. Che aspettarsi in fondo da una band che ha un chitarrista che si chiama Asesino? Messico e nuvole di piombo.
"da Jammai nr. 9 - 01/96"

BLACK GRAPE "It's great when you're straight yeah" - Radioactive /// MENSWEAR "Nuisance" - Laurel/London

Finalmente dall’Inghilterra arriva qualcosa di interessante! Dopo mesi di chiacchiere, degne maggiormente del Processo di Biscardi, che della tradizione musicale britannica, su malattie, lotte intestine e esplosioni di super-Io, è il pop a tornare al centro dell’attenzione e lo fa grazie a delle superbe teste di cazzo. Chi era infatti il più antipatico e cafone della scena di Mad-Chester, periodo fine anni 80-inizi 90? Ma Shaun Ryder degli Happy Mondays, naturalmente! Che dire poi di una band che come unico titolo di merito fino a poco tempo fa aveva la nomea di “gruppo meglio vestito d’Inghilterra” (bello sforzo poi! Visto come si vestono gli inglesi...)? Le premesse insomma, mi facevano temere un’ulteriore “Bufala d’Albione”, specialità ultimamente molto servita. Ero un menagramo perchè i Black Grape, mischiando abilmente dance, soul, sampling e strani suoni speziati d’oriente, hanno realizzato un album assai piacevole. I Menswear da parte loro, pur attingendo a piene mani da tutta la storia del pop britannico (inutile fare la lunghissima lista), appaiono più vivaci della maggior parte delle scamorze (tanto per stare in tema di latticini) dell’attuale panorama inglese.
"da Jammai nr. 9 - 01/96

ALICE IN CHAINS "Alice in Chains" - Sony

Che succede in quel di Seattle? A sentire la band di Staley ci si ripiega su sè stessi, dopo il fragore dei primi anni novanta. Le avvisaglie c’erano già state con i Mad Season, via i fuzz alla ricerca di linee melodiche inquietanti. Questa ricerca giunge al termine oggi, con questo capolavoro di equilibrio fra suono seventies e modernità. I dolorosi arabeschi delle chitarre e quella voce sempre più malata (non di Aids però, come si divertono ad urlare i giornali, come se il rock fosse una questione di globuli rossi) toccano corde emotive da tempo dimenticate. Senza cercare il plauso tecnocrate come Corgan, nè le folle oceaniche di Vedder, questo lavoro commuove per semplicità, come il povero botolo della copertina, senza una zampa, ma con mille avventure da raccontare. Infatti ci sentirete tutto qui dentro dai primi Genesis, alla ballata che gli Urge Overkill non riusciranno mai a comporre, messa alla fine del disco.
"da Jammai nr. 9 - 01/96"