Concerto di Diamanda Galas – Link – Bologna 13/10/00

Vedere Diamanda Galas di venerdì tredici solleticava quel maledettismo horror di seconda scelta che spesso accompagna le sue performances, almeno nella fantasia di quella parte di pubblico che la giudica, ma non la segue e nemmeno la ama. Ammirazione sì, quella c’è. Del resto come non restare allibiti di fronte a quelle quattro ottave di voce, ma allora se è tutto lì che vadano da Bocelli (uno che dichiara che il rock è solamente rumore… e le tue lagne, stupido cieco, cosa sono arte sopraffina?). No Diamanda Galas, anche se si dedica a diplofonie e triplofonie di stratosiana memoria e di stratos-ferica ispirazione, non è solo voce, ma anche corpo, mani, sguardi, mani che percuotono un piano, così come il suo furore percuote il vuoto dell’accademismo inutile. E’ musica stalinista la sua: o sei con lei, o sei contro di lei; poi con gli amici puoi fingere distacco e dire che è stato semplicemente bello o semplicemente orrendo, ma non c’è niente di semplice in quello che fa la Galas, arriva da lontano, troppo lontano e va lontano troppo lontano e quelli che chiacchieravano in prima fila durante lo show (ma si può chiamare show?) o quelli che parlavano al telefonino, forse per dire agli altri amici invidiosi o semplicemente ignari “ma tu non sai a che concerto sono io…” sono vicini troppo vicini a noi e li dobbiamo sopportare tutti i giorni. In pochi però si sono resi conto che nessuno ti tira fuori l’anima e te la scortica come Lei, anche solo (grazie al Link) ad un concerto (ma si può chiamare concerto?) di cinquanta minuti.
"da Jammai nr. 38 - 01-02-03/01