PORTISHEAD "Third" - Universal

Va bene ponderare bene le cose, pesare le emozioni, ma undici anni dall’ultimo disco sono più consoni a geni sregolati come Glenn Gould che a formazioni contemporanee che svaniscono all’indomani di un successino in rotation su MTV. Qui ci sta bene la stupidaggine: “ i tempi cambiano”. E’ vero però, perché io che non amavo l’abbiocco-sound del trip-hop là nella metà degli anni novanta, oggi mi scopro interessato a questo terzo lavoro dei Portishead. Ai tempi del precedente lavoro, internet era agli inizi, c’era ottimismo sui mercati (compreso quello musicale), l’undici settembre era semplicemente il giorno prima del dodici e non mi ricordo chi governasse in Italia, ma tanto è la stessa cosa… I Portishead dei cambiamenti se ne fottono, almeno per quello che riguarda il suono “del momento”, ma aggiornano una formula, affatto scontata, con massicce dosi di rumore che se proprio non si può definire noise, si può ascrivere di sicuro alle sonorità disturbanti. Il Bristol-sound come tante altre cose in questi anni si è frammentato, polverizzato per poi diventare altro e Beth Gibbons e compagni lavorano per disorientare l’ascoltatore, che non trova più un baricentro. Ecco, se vogliamo riconoscere un lampo di modernità in “Third” è proprio questo: la vita (e l’arte) non come granitica certezza, ma un continuo volteggiare nell’aria malsana di questi tempi, senza alcun approdo sicuro. Da questo derivano le ritmiche sfasate, i brani interrotti, l’elettronica urticante e la vocalità melodrammatica dei Portishead di oggi; quelli di domani chissà quando li ascolteremo.
(dal Cacofonico nr. 52 - 05/08)